Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/192

Da Wikisource.
178 alle porte d’italia

come ladroni, giovani colle orecchie strappate a furia di morsi, vecchi coperti di lividure, donne insanguinate pazze di terrore, che vedevan già con l’immaginazione le tanaglie e le ruote del Sant’Uffizio, e si stringevan contro i fianchi le teste dei fanciulli sfiniti dalla fatica e soffocati dai singhiozzi. Là intorno, sopra le cime di quei bei monti, seguirono quelle fughe tragiche di popolazioni d’interi villaggi, avvertite in tempo dell’assalto imminente, erranti per le nevi, al lume delle stelle, gli uomini coi ragazzi assiderati sopra le spalle, le donne coi bimbi moribondi nelle culle, striscianti nell’ombra delle rupi, al fischio delle palle degl’insecutori, mentre giù nella valle si alzavano le fiamme delle loro case e gli urli dei loro fratelli sgozzati. Là, per quei sentieri, lungo i due torrenti, passarono, nelle giornate memorande della grande espulsione, diretti alla pianura, per esser dispersi pei conventi e per le galere, per andare a morire a mucchi, pigiati come bestie da macello, divorati dalla fame e dai pidocchi, nei fossati delle cittadelle e nelle prigioni immonde, passarono in file sterminate, a centinaia, a migliaia, i mariti separati dalle mogli, i parenti divisi dai figliuoli, poveri, signori, vecchi, donne, infermi, feriti, legati a due a due, e coppia a coppia, con lunghissime corde, fiancheggiati dai soci della propaganda fide che tentavan di strappare i bimbi alle madri, spinti innanzi a calci e a nerbate, coperti di scherni, di maledizioni e di sputi, come una turba di schiavi infami destinati alle fiere di un circo. E di là, infine, proprio dalla cima di quel poggio, fu dato il se-