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Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/347

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i difensori delle alpi 333

nemici, che si riconciliano al fuoco del bivacco; od anche i corteggiatori d’una stessa ragazza, per i quali il servizio nell’esercito è come un periodo di pace armata, dopo di che ricomincierà più ardente la lotta. Bisogna sentire le loro conversazioni, che sapor locale! E come commentano il Popolo del sabato, che porta la cronaca del comunello! — Guardino quei zappatori! — esclamò, e gongolò in fondo all’anima all’applauso che salutò i zappatori dell’ultima compagnia: otto colossi, che parevan stati scelti fra mille, e che s’avanzavano maestosamente, a passi da commendatori di pietra, col coltellaccio alla cintura, armati di badile, di gravina, di picozza e di maranese, sorridenti e disinvolti sotto quel carico come se portassero degli oggetti d’ornamento. E gittò un grido squillante: — Viva Val Tanaro! — al quale rispose la moltitudine in coro; e poi si voltò dall’altra parte urlando: — Viva Val Pesio! — e la folla rispose: — Viva Val Pesio! — e si girò verso il nuovo battaglione, che mostrava già in fondo alla piazza le sue cinquecento nappine verdi.


Il battaglione Val Pesio s’avvicinò, in mezzo ai battimani e alle grida. Eran daccapo piemontesi e liguri confusi, compaesani dello statista Botero e del romanziere Ruffini, del presidente Biancheri e dell’autore di Monsù Travet; figliuoli di Taggia piena di viole, di Bordighera coronata di palme, di San Remo inghirlandata di ville, di tutti i più incantevoli paesi della riviera di ponente; e con loro i soldati di Carrù,