Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/397

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la scuola di cavalleria 383

al desiderio di vederlo operante e glorioso. O terribile domani, pieno di oscurità e di silenzio, che cosa nascondi? Quale sarebbe il grido che ci fuggirebbe dall’anima se ti rischiarasse un lampo, un lampo solo, ai nostri occhi? E forse ci vedresti già segnata la tua sentenza, o bell’ufficiale dei lancieri, che spingi il tuo grande baio oscuro sulla via di San Secondo: invano tu spererai sul tuo letto d’ambulanza di portar saldata ai baci dell’amante l’orrenda ferita che t’aprirà la fronte. E tu ti sentirai piegar sotto, fulminato in mezzo al petto, quello stesso saurino che ora accarezzi, o futuro dragone di Piemonte, e saranno gli stessi cavalli del tuo squadrone, sventurato, che a pochi passi dal quadrato nemico frangeranno il tuo bel corpo giacente. E a te, o bel cavaliere dalle mostre gialle, sarà un colpo di lancia vibrato nelle tenebre quello che ti segnerà sul petto il posto della medaglia dal nastro azzurro, la quale non giungerà in tempo a sentire il palpito del tuo cuore. Ma questa previsione non vi turba, bravi giovani; voi rispondete con un sorriso: — Che importa! — e, spronato il cavallo, vi slanciate a briglia sciolta nell’avvenire, offrendo gioiosamente la fronte al bacio della Patria e della Morte.