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Pagina:Aminta.djvu/64

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64 Atto Terzo.

Ma, che potuto havrebbe à lungo andare?
Aminta con un dardo, che tenea
Ne la man destra, al Satiro avventossi
Come un Leone, et io frà tanto pieno
M’havea di sassi il grembo, onde fuggissi
Come la fuga de l’altro concesse
Spatio à lui di mirare: egli rivolse
I cupidi occhi in quelle membra belle,
Che, come suole tremolare il latte
Ne’ giunchi, si parean morbide, e bianche,
E tutto ’l vidi sfavillar nel viso,
Poscia accostossi pianamente à lei
Tutto modesto, e disse: O bella Silvia,
Perdona à queste man, se troppo ardire
È l’appressarsi à le tue dolci membra,
Perche necessità dura le sforza,
Necessità di scioglier questi nodi:
Nè questa gratia, che fortuna vuole
Conceder loro, tuo malgrado sia.

Choro
Parole d’ammollir un cor di sasso.

Ma, che rispose allhor? Tirsi Nulla rispose,
Ma disdegnosa, e vergognosa, à terra
Chinava il viso, e ’l delicato seno,
Quanto potea torcendosi, celava.
Egli, fattosi inanzi, il biondo crine
Cominciò à sviluppare, e disse in tanto:
Già di nodi sì bei non era degno
Cosi ruvido tronco. hor, che vantaggio
Hanno i servi d’Amor? se lor commune
È con le piante il pretioso laccio?


Pianta