Pagina:Amleto (Rusconi).djvu/50

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atto terzo. 49

piuttostochè affrontarne altri che ci sono sconosciuti? Così la coscienza ci rende tutti codardi, e il colore ingenito della risoluzione rimane offuscato dalla pallida ombra del pensiero; cosi le imprese di maggior polso e momento si sviano dal loro corso naturale, e perdono il nome di azioni. — Pace ora! La bella Ofelia, — Ninfa, nelle tue orazioni siano ricordati tutti i miei peccati.

OFELIA.
Mio buon signore, come viveste in questi giorni?
AMLETO.
Umilmente vi ringrazio; bene, bene, bene.
OFELIA.
Signore, conservo alcuni vostri ricordi, che molte volte desiderai restituirvi; ve ne prego, riceveteli ora
AMLETO.
No, no. Io non vi diedi mai nulla.
OFELIA.
Mio onorato signore, so bene che foste voi; e accoppiaste ad essi parole così dolci che il prezzo assai se ne accresceva; dacchè perderono quel profumo, riprendeteli; perocchè per un’anima che senta degnamente, i ricchi doni diventan poveri, quando i donatori obbliano la loro cortesia. Riprendeteli, signore.
AMLETO.
Ah, ah! Siete voi onesta?
OFELIA.
Signore?
AMLETO.
Siete bella?
OFELIA.
Che intende di dire Vostra Altezza?
AMLETO.
Che se siete onesta e bella, la vostra onestà non dovrebbe permettere che si parlasse della vostra bellezza.
OFELIA.
Signore, qual migliore commercio potrebbe avere la bellezza che non sia quello coll’onestà?
AMLETO.
Si, è vero; perocchè il potere della bellezza trasformerà più presto l’onestà in vizio, che la forza dell’onestà non possa trasformare la bellezza a sua propria immagine; questo fu un tempo un paradosso, ora è provato. Io vi amai una volta.
OFELIA.
Signore, almeno me lo faceste credere.
AMLETO.
Non avreste dovuto credermi; perocchè la virtù non può cosi inocularsi nel nostro vecchio tronco, che di questo non ci risentiamo; io non vi amavo.
OFELIA.
Allora rimasi tanto più, ingannata.
AMLETO.
Va in un convento; perché vorresti diventar madre di peccatori? Io sono passabilmente onesto, e nulla meno potrei accusarmi di tali cose, che meglio sarebbe stato che mia madre non mi avesse posto in luce; io sono superbissimo, vendicativo, ambizioso; e ho più colpe al mio comando, ch’io non abbia pensieri in cui trasfonderle, immaginazione per dar loro una forma, o tempo per metterle in atto. A che dovrebbero strisciare fra il cielo e la terra esseri come sono io? Noi siamo tutti malandrini; non credere ad alcuno di noi. Va dritto al convento. Dov’è vostro padre?