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cuzione dei diversi concetti. La cerva che volge il capo, comparisce in tutti e due i dipinti. Così qui, come colà, un arbusto d’alloro separa il gruppo bacchico da quello delle divinità apollinee. Della somiglianza della sacerdotessa apollinea colla figura compagna sul nostro vaso abbiamo già parlato.

La differenza sta segnatamente in ciò che l’artista del vaso pubblicato dal Gerhard, coordinando i gruppi d’ambedue gl’iddii, li ha trattati tutti e due colla stessa esattezza, di modo che l’occhio dello spettatore è indotto a recare a ciascheduno di loro lo stesso grado di attenzione. A questo modo di rappresentanza conviene intieramente l’aver fatto l’artista eseguire il rito solenne dalle stesse divinità apollinee, facendo così corrispondere dei a dei. L’artista del vaso di Perugia al contrario, riguardando la rappresentanza del tiaso spettatore come concetto principale, lo mise sulla parte d’innanzi e per concentrare piuttosto in esso l’attenzione dello spettatore, l’eseguì con più esattezza che il rito apollineo, messo da lui sulla parte di dietro ed accennato con poche figure, quasi per schiuderne l’intendimento a chi non intendesse di subito la parte di faccia. Perciò convenientemente al significato secondario del gruppo il rito sacro vi vien eseguito da uomini. Per non avere a rimproverare l’artista di oscurità noi dobbiamo metterci sul punto di vista dello spettatore greco: alla finezza con cui il Greco intendeva i monumenti d’arte, bastano spesse volte poche figure, dove noi desideriamo una rappresentanza ampia e ricca di figure.

Il sito, dove Bacco ed Apolline entrarono in così stretto rapporto fra di loro, era, come tutti sanno, Delfo. A Delfo Bacco venne adorato con non minore venerazione, che Apolline (v. Plut. de εἰ ap. Delph. 9). Colà nel santuario del tempio accanto al tripode e ad