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ROMA 119


Mai come ai tempi di Caracalla e di Diocleziano questi grandi edifici di lusso e della disoccupazione cittadina avevano trovato un aspetto più seducente e più ricco. Le terme — che cominciate da Settimio Severo, furono condotte a fine da Caracalla, fra il 200 e il 235 di Cristo — apparvero anche alle popolazioni romane come una visione di suprema magnificenza. Esse furono colossali, colossali nelle proporzioni, colossali nelle decorazioni, colossali nel volume d’acqua che gli acquedotti riversavano nelle loro piscine, per le statue che decoravano i loro cortili e le loro aule, per i marmi preziosi che rivestivano le loro pareti. Esse potevano contenere 1600 bagnanti e misuravano 220 metri di lunghezza su 114 di larghezza. Sale per i bagni d’aria tepida (tepidarium), per quelli di acqua calda (calidarium) e d’acqua fredda (frigidarium), piscine colossali per il nuoto, gabinetti di massaggio, palestre ginnastiche per la reazione, cortili e peristili per il passeggio e le conversazioni, si aprivano nel centro del recinto, le cui muraglie si chiudevano ai lati in due esedre colossali.

I pavimenti erano di mosaici bianchi e neri, rappresentanti mostri e divinità fluviali o marine. Le aule decorate con fontane di porfido e d’alabastro e con gruppi colossali, quali il Ratto d’Europa — attualmente nel museo di Napoli —, si aprivano su spaziosi cortili adorni di fiori. Colonne di porfido e di granito, di giallo antico e di caristio sostenevano le architravi e le volte, dove si rincorrevano ghirlande e fregi di stucco, rosoni e riquadri ornamentali. La loro mole era così enorme, che non ostante le devastazioni dei barbari, le rovine degl’incendii, le demolizioni dei papi, esse rimangono ancora, nelle loro muraglie gigantesche, nelle loro volte, nei terme di diocleziano — (da una stampa del sec. xviii).