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84 | ITALIA ARTISTICA |
lontana. Fu in una di queste stanzette che venne ritrovato il grafito celebre del Museo Kircheriano (sala II) rappresentante un giovinetto che adora un crocifisso con la testa d’asino, intorno a cui è scritto Aλεξμεαvoς σιβετε Θεov — Alessameno adora Iddio — allusione mordace alla religione del compagno di studii. Così all’improvviso, per virtù di quelli sgorbi tracciati in un’ora di fatica o di gioia, o di nostalgia o di dispetto, noi riviviamo all’improvviso la vita antica di quei giovani e li seguiamo a traverso i vari sentimenti che li agitavano, e penetriamo le loro anime, i loro pensieri, le loro aspirazioni, così quali essi dovettero essere mentre a pochi passi dalle loro teste, nel palazzo
busto di traiano — museo vaticano sontuoso di marmi e di fontane, si stava svolgendo la tragedia del mondo!
Ma l’attività di Domiziano non si limitò agli edifici del Palatino. Nel Foro Romano si fece erigere una statua equestre che fu la più grande di quante allora ne erano state viste (equus Domitiani) e di cui Giacomo Boni ha ritrovato la base e compì il Tempio di Vespasiano ai piedi del Campidoglio, tempio di cui rimangono ancora tre colonne eleganti e una parte della cella. A canto al Colosseo costruì la fontana monumentale che fu detta Meta Sudans, probabilmente dalla sua forma conica simile alla metae del Circo. Nel Campo Marzio riedificò il Tempio d’Iside e Serapide distrutto dal grande incendio di Tito e in cui si conservavano obelischi, sfingi e le altre divinità egiziane. Finalmente riunì il Foro Romano e il Foro d’Augusto un terzo Foro che fu detto Transitorio. Ma questo suo ultimo lavoro non potè compire: il procuratore Stefano, il liberto Massimo e il primo cameriere Saturio s’incaricarono di avverare le profezie dei sacerdoti caldei che a Domiziano ancora giovine avevano predetto una morte violenta. Fu l’imperatore Nerva che nel suo brevissimo regno di due anni condusse a termine l’impresa. Nel centro del nuovo Foro egli edificò un tempio a Minerva che fu inaugurato l’anno 98 di Cristo e i cui avanzi dimostrano quale ne doveva essere l’eleganza primitiva. Questo tempio rimase intatto fino al secolo XVII e fu Paolo V, Borghese, che lo demolì quasi totalmente per adoperarne i materiali nella costruzione della sua cappella a S. Maria Maggiore.