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tide più che di giorno, avevano alcunchè di misterioso e significativo assieme, come in una rappresentazione grottesca. Era infine la notte capovolta in giorno, violata dall’uomo non per il vizio o il dolore ma per il lavoro e la fede: e le stelle che seguivano la luna pareva si fermassero a guardare stupite.
In settembre venne condotto nell’aia una specie di piccolo mostro rosso, pure lui squadrato e angoloso, tutto legno e tutto ferro, con le fauci, lo stomaco ed il sedere pronti alla funzione del divorare e rimettere: era la macchina per sgranare il frumentone. Le pannocchie gli venivano buttate con la pala, sulla scaletta che funzionava da gola: piano piano il mostro le inghiottiva, alcune riottose e spaurite, altre impazienti di finirla e sprofondarsi nelle viscere dell’insaziabile divoratore: che avvenisse poi dentro quel corpaccio a scatola non si sapeva: fatto sta che il melicone riappariva subito, evacuato in una cascata di grani dorati e di pannocchie nude: il