Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/235

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lutare nessuno. Corro ad avvertire i carabinieri, corro al fiume ed incarico i pescatori e quelli del tragitto, di esplorare le acque.

Nulla; nulla. E così il giorno dopo, e così fino a questa mattina. Non ho mai chiuso occhio; non rientro a casa per paura: tutto il mondo è per me un braciere e dove metto il piede mi scotto. Ma perchè il Signore ce l’ha così con me? Porco cane....

Buttò il bastone per terra, e bestemmie inaudite gli uscirono di bocca: poi si alzò, pestò i piedi come se il pavimento scottasse davvero, e si tese a prendere il cappello per andarsene.

Andare, andare. Gli pareva che il suo destino fosse ormai questo; camminare senza pace, senza meta, come l’Ebreo errante, inseguito dalla maledizione di Dio.

Annalena gli afferrò una mano, per trattenerlo, per consolarlo.

— Ricordati, Urbano, come parlavi un tempo. La tua saggezza se n’è dunque tutta andata?

Ma egli la guardò dall’alto, lontano, estraneo, ed ella sentì la mano di lui scivolarle fra le dita come quella di un morto.