Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/76

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meglio, e sopratutto la paura che egli lasciasse per suo ricordo qualche pidocchio, la disturbavano nelle sue faccende di cuciniera.

Quella sera, poi, naturalmente, ella aveva da fare più del solito. Le condizioni economiche famigliari erano molto modeste, povere quasi, ma il Santo Natale doveva festeggiarsi egualmente: ella, inoltre, preparava i cibi con abbondanza perchè restasse qualche avanzo, da lasciarsi sulla tavola apparecchiata, per i morti che nella notte della vigilia tornano nelle case dove vissero.

Su questo punto i giovani, ed anche lo zio Dionisio, cominciarono a scherzare.

— Vediamo un po’; chi deve tornare, qui, stanotte? I nostri nonni, con quelle buone lane dei loro fratelli, od i morti che vissero in questa bicocca?

— Ma torneranno tutti assieme, e Dio sa che gazzarra faranno.

— Si potrebbe sapere, zio Nisio, se la vostra famosa Betta è viva o morta?

— È morta, è morta: il diavolo se l’è portata via.

— Allora verrà anche lei, e Dio sa che patatrac succede.

Intervenne Annalena, col viso corrucciato.

— Non si scherza, sui morti: altrimenti