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331 ANNALI D'ITALIA, ANNO LXXXIV. 332

Valerio Messalino. In quest’anno la Storia ecclesiastica riferisce la morte di san Cleto papa, che col suo sangue illustrò la religione di Cristo. A lui succedette nella cattedra di s. Pietro, Anacleto. Durava tuttavia la guerra nella Bretagna. Giulio Agricola comandante dell’armi romane in quelle parti1, riportò un’insigne vittoria nella Scozia contra di quei popoli. Aveano i Romani trasportato in quelle grandi isole un reggimento di Tedeschi. Costoro non volendo più militare in quelle parti, fatta una congiura, uccisero il loro tribuno, i centurioni, ed alcuni soldati romani, ed imbarcatisi in tre brigantini si diedero alla fuga. Il piloto d’essi legni seppe far tanto, che ricondusse il suo all’armata romana. Gli altri due fecero il giro della Bretagna, e dopo una fiera fame patita, per cui mangiarono i più deboli, giacchè non poteano approdare ad alcun sito d’essa Bretagna, per essere considerati quai nemici, andarono poi a naufragar nelle coste della Germania bassa. Quivi dai corsari svevi e frisoni furono presi e venduti come schiavi. Perchè alcuni d’essi capitarono nelle terre del romano imperio, perciò allora solamente vennero a conoscere i Romani, che la Bretagna era un’isola e non già terra ferma, come per la poca pratica aveano fin allora molti creduto. Intanto Domiziano teneva allegro il popolo romano2 con dei magnifici e dispendiosi spettacoli, non solamente nell’anfiteatro, ma anche nel circo, dove si videro corse di carrette, combattimenti a cavallo e a piedi, siccome ancora cacce di fiere, battaglie di gladiatori in tempo di notte a lume di fiaccole3, dando nel medesimo spettacolo cena, o almen vino al popolo spettatore. Vidersi ancora zuffe d’uomini, ed anche combattere con le fiere, o fra loro. Mirabili altresì furono i combattimenti navali, fatti nell’anfiteatro, [p. 332]oppure in un lago, cavato a mano in vicinanza del Tevere. Probabilmente a vari anni son da attribuire sì fatti spettacoli, benchè da Svetonio e da me accennati tutti in un fiato.


Anno di Cristo LXXXIV. Indizione XII.
Anacleto papa 2.
Domiziano imperadore 4.


Consoli


Flavio Domiziano Augusto per la decima volta e Sabino.


Non ho io dato alcun prenome e nome a questo Sabino console, perchè intorno a ciò nulla v’ha di certo. Da Giordano4, che altri sogliono chiamar Giornande, egli vien appellato Poppeo Sabino. Parve probabile al cardinal Noris5, che il suo nome fosse Cajo Oppio Sabino. Ma in un’iscrizione riferita dal Cupero (non so di qual peso) a Domiziano per la decima volta console vien dato per collega Tito Aurelio Sabino. Noi bensì vedremo un console dell’anno seguente appellato Tito Aurelio. In tale incertezza ho io ritenuto solamente il di lui cognome, di cui non ci lasciano dubitare i fasti antichi. Quantunque non si sappia di certo l’anno in cui Domiziano andò alla guerra in Germania, pure, seguendo la traccia delle medaglie6, reputo io più verisimile il parlarne nel presente. Erano confinanti i Romani coi Catti, popolo, per attestato di Tacito7, il più prudente e meglio disciplinato che s’avesse la Germania, creduto oggidì quel d’Hassia e Turingia. Domiziano, siccome sommamente vano ed ambizioso di gloria, determinò di marciar egli in persona contra d’essi8, perchè aveano cacciato Cariomero re dei Cherusci dal suo dominio a cagion dell’amicizia ch’egli professava ai Romani. Andò

  1. Tacitus, cap. 25 et seq.
  2. Sueton., in Domitiano, c. 4.
  3. Dio., lib. 67.
  4. Jord., de Reb. Getic., c. 13.
  5. Noris, Ep. Consul.
  6. Mediobarbus, Goltzius et alii.
  7. Tacitus, de Morib. Germanorum, cap. 30.
  8. Dio., lib. 67.