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437 ANNALI D'ITALIA, ANNO CXIX. 438

lì forse a due anni, scorgendo che verso di lui s’era raffreddato Adriano, dimandò ed ottenne il suo congedo. Ritiratosi alla campagna, quivi per sette anni sopravvisse in tutta pace, comandando poi alla sua morte, che pel suo epitaffio si scrivesse come egli era stato settantasei anni sulla terra, ed esserne vissuto solamente sette. D’altro umore fu ben Taziano, perchè uomo violento. Egli sulle prime scrisse da Roma ad Adriano di levar dal mondo1 Bebio Marco prefetto di Roma, e Laberio Massimo, e Crasso Frugi, relegati nell’isole, come persone capaci di novità. Adriano non volle dar principio al suo governo con queste crudeltà. Alcune poi ne commise andando innanzi, e di queste diede la colpa ai consigli del medesimo Taziano. Depresse Lucio Quieto, valoroso uffiziale, con levargli la compagnia de’ Mori, perchè si sospettava che aspirasse all’imperio. Mandò ancora Marzio Turbone ad acquetare un tumulto insorto nella Mauritania. Probabilmente verso la primavera di quest’anno Adriano, dopo aver dato ai soldati il doppio di quel regalo che solevano dare gli altri nuovi imperadori, e lasciato al governo della Soria Catilio Severo, si mise in viaggio per terra alla volta di Roma. Il senato gli avea decretato il trionfo. Lo ricusò egli, volendo che a Trajano, benchè defunto, si desse quest’onore. Perciò entrò in Roma sul carro trionfale, su cui era inalberata l’immagine di esso Trajano. Cominciò dipoi il suo governo, come far sogliono per lo più i principi novelli, con somma bontà e dolcezza, e con far bene a tutti. Diede un congiario al popolo romano2, e pare che n’avesse dato due altri nell’anno antecedente. Rimise alle città d’Italia tutto il tributo coronario, cioè quello che si solea pagare per le vittorie degl’imperadori, e per l’assunzione d’essi al trono. Lo sminuì anche alle provincie fuori d’Italia, benchè egli[p. 438] pomposamente esprimesse, quanto allora lo stato si trovasse in gran bisogno di danaro, che ciò nonostante egli faceva quella remissione. Ciò nondimeno che gli produsse un incredibil plauso, fu l’aver condonato tutti i debiti3 che aveano le persone private da sedici anni in addietro coll’erario imperiale, tanto in Roma che in Italia, e nelle provincie spettanti all’imperadore, secondo la divisione d’Augusto, non sapendosi se questa liberalità si stendesse ancora alle provincie governate dal senato. Parla di questa sua memorabil generosità Sparziano, e ne conservarono la memoria le medaglie e le iscrizioni antiche4. Se non fallano i conti del Gronovio5, questa remissione ascese a ventidue milioni e mezzo di scudi d’oro: il che sembra cosa incredibile. Per dare maggior risalto a questa sua insigne azione, e per maggior sicurezza dei debitori, fece bruciar nella piazza di Trajano tutte le lor polizze ed obbigazioni. Apparisce dalle medaglie suddette, ch’egli appena creato imperadore prese i titoli di Germanico, Dacico e Partico, come se ancor questi fossero passati in lui coll’eredità di Trajano. Trovasi anche appellato Pontefice Massimo. Ma per conto del titolo di Padre della Patria, benchè il senato non tardasse ad esibirglielo, e tornasse da lì a qualche tempo ad offerirglielo, nol volle, sull’esempio di Augusto che tardi l’avea accettato.


Anno di Cristo CXIX. Indizione II.
Sisto papa 3.
Adriano imperadore 3.


Consoli


Elio Adriano Augusto per la terza volta, e Quinto Giunio Rustico.


Perchè non abbiamo storici che abbiano con ordine di cronologia distri-

  1. Spartianus, in Vita Hadriani.
  2. Mediobarbus, in Numismat. Imperat.
  3. Dio., lib. 69.
  4. Panvinius, Fast. Consular. Spartianus, in Vita Hadriani.
  5. Gronovius, de Sextertiis.