Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/304

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paese romano; ma i generali che custodivano quelle parti, per non esporre l’imperio a questa pericolosa guerra, nel tempo che si facea l’altra più importante coi Parti, andarono sempre temporeggiando e pazientando, finchè venisse un tempo più opportuno da fiaccar loro le corna. Terminata con felicità l’impresa dell’Oriente, maggiormente crebbe l’insolenza di essi Marcomanni; anzi si venne a scorgere che quasi tutte le nazioni barbare abitanti di là dal Reno1260 e dal Danubio, cominciando dall’Oceano, fin quasi al mar Nero, erano in armi ai danni dei Romani, sia che fosse qualche lega fra loro, o pure che l’una imparasse dall’esempio dell’altra a disprezzar le forze della repubblica romana. Fra que’ popoli, tutti gente bellicosa e fiera, e che parea congiurata alla rovina de’ Romani, oltre ai Marcomanni principali fra essi, si contavano i Narisci, gli Ermonduri, i Quadi, i Suevi, i Sarmati, i Vandali, i Vittovali, i Rossolani, i Basterni, i Costobochi, gli Alani, i Jazigi ed altri, de’ quali non si sa il nome. Se dice il vero Dione, i Germani Transrenani vennero fino in Italia, e recarono de’ gravissimi danni: il che par difficile a credere. Fra i cadaveri di costoro uccisi, furono ritrovate molte femmine guernite di tutte armi. Così gli altri barbari saccheggiarono varie provincie, presero città, e sembra che s’impadronissero di tutta la Pannonia, o almeno di una parte di essa. Per attestato di Pausania1261, i Costobochi fecero delle scorrerie fino in Grecia. Portate così funeste nuove a Roma, riempirono tutta la città di spavento; e tanto più, perchè la peste avea fatto e facea tuttavia un fier macello anche delle milizie romane. Marco Aurelio1262, che con tutto il suo bel genio alla virtù, e con tutti i suoi studi, non giunse mai a conoscere la falsità della sua religione pagana, nè la verità della cristiana, di cui piuttosto fu persecutore, ricorse allora per aiuto agl’idoli, facendo venir da tutte le parti de’ sacerdoti, anche di religioni straniere, moltiplicando1263 i sagrifizii e le preghiere in così gran bisogno alle sorde sue deità. Fece ancora quanti preparamenti potè, per ammassar genti, e per reclutare le quasi disfatte legioni. Restò per un tempo ritardata la sua spedizione dalla peste tuttavia mietitrice delle vite umane; ma finalmente in quest’anno egli si mosse da Roma in persona con quelle forze che potè adunare. Insinuò egli segretamente al senato, essere necessaria l’andata di amendue gli Augusti, trattandosi di una guerra sì strepitosa e di tanta estensione; e questo fu decretato. Non si fidava il saggio imperador Marco Aurelio di mandar solo a cotale impresa il fratello Lucio Vero, perchè ne avea già sperimentata la codardia1264; e nè pur voleva lasciarlo solo in Roma, affinchè egli in tanta libertà maggiormente non s’immergesse negli eccessi, e crescesse il suo disonore. Si misero dunque in viaggio i due imperadori (ma Lucio Vero con interna ripugnanza e dispiacere) e pervennero sino ad Aquileja. Truovasi nelle medaglie1265 di questo anno, che i due Augusti presero per la quinta volta il titolo d’Imperadori. Non apparendo che vittoria alcuna, di cui questo titolo è indizio, si fosse per anche riportata contra de’ Marcomanni, improbabile non è, che sia con ciò significata quella che Avidio Cassio ebbe coi Bucoli, o sia coi pastori egiziani che si erano ribellati. Da Vulcazio Gallicano1266 abbiamo che Cassio si portò anch’egli alla guerra marcomannica; e però dovrebbe essere succeduta prima la ribellion d’essi pastori e la loro disfatta. Dacchè si sollevarono1267 i suddetti Bucoli, gente barbara e selvaggia, molti ne furono presi; ma gli altri vestiti con