Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/345

Da Wikisource.

prima molti di que’ senatori non sapeano contener la risa, ed erano perduti se Commodo se ne accorgea. Dione, col mettersi a masticar delle foglie di lauro, insegnò agli altri di moderarsi, e poco poi stettero ad avvedersi del corso pericolo. L’aver Commodo in appresso comandato che i senatori venissero all’anfiteatro nell’abito che solamente si usava nello scorruccio del principe, e l’essere stata nell’ultimo dì dei giuochi portata la di lui celata alla porta, per dove uscivano i morti, diede a pensare a tutti, che fosse imminente il fine della di lui vita; e così fu. Altri augurii, a’ quali badavano forte i superstiziosi Romani, racconta Lampridio1523, ch’io tralascio come cose vane. Non van d’accordo1524 Erodiano e Dione1525 in assegnare i motivi e le circostanze della morte di Commodo. Scrive il primo, che irritato il pazzo Augusto contro Marzia, Leto ed Eletto, perchè gli aveano contrastata la sconvenevol comparsa nel campo de’ gladiatori, scrisse in un biglietto l’ordine della lor morte, colla giunta di parecchi altri, e pose la carta sul letto. Entrato un nano suo carissimo in camera, avendo preso quello scritto, uscì fuori, ed incontratosi in Marzia, questa gliel tolse di mano, imaginandosi che fosse cosa d’importanza. Vi trovò quel che non voleva. Avvisatine Leto ed Eletto, concertarono tutti e tre di esentarsi da quel temporale con prevenire la mala volontà dell’iniquo principe. Nulla dice Dione di questa particolarità, ed intanto il lettore si ricorderà, aver quello storico narrato un simil fatto nella morte di Domiziano. Certamente uno di questi due racconti ha da essere falso; ed il presente ha qualche più di verisimiglianza. Dione e Lampridio scrivono che Leto ed Eletto, per timore della propria vita, sì perchè aveano davanti più specchi della somma facilità con cui Commodo la toglieva ai capitani delle sue guardie e a’ suoi mastri di camera, e sì ancora perchè conoscevano di averlo disgustato colla ripugnanza alle sue bestialità, unitisi a Marzia, tentarono prima la via del veleno, con darglielo in una tazza di vino ch’egli soleva prendere dopo il bagno. Occupato da lì a poco da gravezza di capo e da sonnolenza, Commodo entrò in letto. Era l’ultimo dì dell’anno. Venuta la notte, si svegliò, e fosse la sua robusta complessione, o pure il molto mangiar e bere dianzi da lui fatto, che l’aiutasse, cominciò a vomitare, e per secesso ancora ad alleggerirsi dell’interno nemico. Allora i congiurati, apprendendo più che mai il rischio loro, introdussero Narciso robustissimo atleta, comperato con promessa di gran regalo, che serrategli le canne del fiato, il soffocò. Sparsero poi voce, ch’egli fosse morto per accidente apopletico. In questa maniera terminò Commodo la vita sua sì malamente1526 menata, in età non più che di trentadue anni, senza lasciar dopo di sè figliuoli. Fu poi detto, ch’egli avea comandato di bruciar Roma, e che ne sarebbe seguito l’effetto, se Leto non lo avesse trattenuto. Sparsero inoltre voce aver egli avuto in animo di uccidere Erucio Claro e Socio Falcone, consoli designati1527, che doveano far l’entrata nel giorno seguente, e di proceder egli console con prendere per collega uno dei gladiatori. Dione par che lo creda; ma morto chi è odiato da tutti, nè più può far paura, a mille ciarle si scioglie la lingua. In quest’anno probabilmente avvenne ciò che narra Capitolino1528. Comandava Clodio Albino alle armi romane nella Bretagna. Fu portata colà una falsa nuova che Commodo era morto; Commodo, dissi, quale il tanta fede avea in lui, che gli avea dianzi mandato il titolo di Cesare, cioè un segno di volerlo per successore. Albino non l’accettò; venuta poi quella