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9 ANNALI D'ITALIA, ANNO II. 10

che si son salvati dalle ingiurie del tempo. Racconta egli, che inclinando Augusto a far pace coi Parti, perciò seguì un abboccamento di Cajo con Fraate re di que’ popoli, sopra un’isola dell’Eufrate, fiume che allora divideva i due imperi. Cajo dipoi sulla riva romana diede un convito a Fraate, ed appresso ricevette anch’egli sull’opposta il medesimo trattamento. Allora fu che Fraate scoprì a Cajo l’infedeltà e venalità di Marco Lollio, a lui dato per aio da Augusto. Però da lì a poco tempo1 venne meno la vita d’esso Lollio per veleno, non si sa se preso per elezione di lui, o pure per comando altrui. In questi tempi2 Lucio Cesare fratello d’esso Cajo, acciocchè non marcisse nell’ozio della Corte, fu mandato da Augusto in Ispagna. Dovea servir questo viaggio per guadagnargli l’amor delle legioni che soggiornavano in quelle parti. Ma secondo le umane vicende non tardarono ad abortire in breve tante belle speranze di lui e del padre. Giunto egli a Marsilia, s’infermò, e in età di diciotto anni terminò la carriera del suo vivere nell’agosto dell’anno presente. Dione e Tacito non tacquero il sospetto che corse allora di aver Livia moglie d’Augusto procurata con arti indegne la morte di questo giovane principe. Chi fosse questa principessa, convien ora vederlo.

Livia, figliuola di Livio Druso, era in prime nozze stata moglie di Tiberio Claudio Nerone, uno de’ più cospicui nobili di Roma3. Seppe ella così ben tirar le sue reti, che invaghitosi di lei Augusto, già principe di Roma, ottenne da Nerone che la ripudiasse, per prenderla egli in moglie. Bisogna ben credere che fosse grande in questo principe il caldo, perchè gravida (fu preteso del primo marito) la condusse al talamo suo. Avea già essa partorito Tiberio, che vedremo a suo tempo imperadore. Sgravossi dipoi d’un altro[p. 10]figliuolo, che portò il nome di Nerone Claudio Druso, e fu consegnato al padre, perchè, secondo le leggi, tenuto per figliuolo di lui. Questi poi creato console nell’anno ix, prima dell’Era cristiana, finì quello stesso anno di vivere. Che superba, che scaltra donna fosse Livia, non si può abbastanza dire. Ancorchè Augusto fosse principe di mente svegliata e di raro intendimento, pure possedeva ella il gran secreto di saperlo governare, di condurlo alle voglie sue. L’unico figliuolo a lei restato, cioè Tiberio, era il principale oggetto dell’amor suo, e tutte le sue mire tendevano ad esaltarlo. Essendo morto dodici anni prima dell’Era nostra Agrippa gran confidente di Augusto, e marito di Giulia figliuola del medesimo imperadore, e di Scribonia sua prima moglie, procurò Livia che questa passasse a seconde nozze con Tiberio suo figliuolo4, tuttochè a lui dispiacesse assaissimo un tal matrimonio, parte perchè gli convenne ripudiar Agrippina amata sua consorte, e parte ancora perchè non gli era ignota la trabocchevole inclinazione e vita sregolata d’essa Giulia. Suoi figliastri in questa maniera divennero Cajo e Lucio, che già dicemmo nominati Cesari, figliuoli della medesima Giulia e d’Agrippa; ma da lui e da Livia sua madre internamente odiati, perchè adottati per figliuoli da Augusto, e destinati, per quanto si poteva congetturare, ad essere suoi successori nell’imperio. Nacquero in fatti delle gare fra questi due giovanetti fratelli e Tiberio lor padrigno. Sentivano già essi la superiorità della lor fortuna, ed aveano cominciato ad insolentire, e nello stesso tempo miravano di mal occhio il possesso che tenea nel cuore di Augusto la madre di Tiberio, Livia. Per ischivar tutti i pericoli, avea preso Tiberio il partito di ritirarsi: al che s’aggiunse ancora il non poter più egli sopportare i vizii della moglie sua Giulia, castigati in fine colla relegazione da Augusto suo padre. Senza che il potessero ritener le

  1. Plinius. lib. 9, cap. 35.
  2. Noris, Cenotaph. Pisan. Diss. 2, cap. 14.
  3. Dio. Suetonius. Tacitus.
  4. Sueton. in Tiber, cap. 7.