Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/362

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mosse guerra a que’ popoli. Ma ritrovandosi di là dall’Eufrate in stagione bollente, in campagne prive d’acqua, e come soffocate dal gran polverio che facea la marcia dell’esercito, fu vicino a veder perire tutti i suoi. Trovata finalmente acqua, tornò ad ognuno il cuore in corpo. Sappiamo inoltre che Severo spedì Laterano, Candido e Leto a mettere a sacco e a fuoco le nemiche nazioni; nel che fu ben egli ubbidito, con aver eglino anche prese alcune città. Per tali successi non poco s’invanì Severo; ma dovette restar alquanto mortificata la di lui vanità, perchè nel mentre che si cercava con gran premura un certo Claudio, che faceva continue scorrerie e ruberie per la Giudea e per la Soria, costui con una mano de’ suoi, come se fosse stato un tribuno delle armate romane, venne a trovar Severo nel campo, l’inchinò e gli baciò la mano, e poi se n’andò senza che mai riuscisse a Severo di averlo nelle mani. Da queste prodezze e da tali poco a noi note vittorie di Severo, si trova a lui dato nelle medaglie il titolo d’Imperadore per la sesta, settima ed ottava volta1617. Oltre a ciò il senato romano gli accordò i titoli di Adiabenico, Partico ed Arabico: il qual ultimo ci guida a credere ch’egli facesse guerra anche contra degli Arabi. Decretogli ancora un trionfo; ma, secondo Sparziano1618, Severo ricusò il trionfo, per non parere di voler gloria da una guerra e vittoria civile. Nè pur volle accettare il titolo di Partico, per non irritar maggiormente quella possente nazione. Nientedimeno in alcune medaglie di quest’anno il troviamo ornato di tutti e tre i suddetti titoli. Lo stesso si può osservare in varie iscrizioni. Andò poscia Severo a Nisibi, e dopo aver onorata quella città di molti privilegi, ne diede il governo a un cavaliere romano. Osserva Dione1619 che Severo si facea bello di aver accresciuto notabilmente in quelle parti il romano imperio, e provvedutolo di un forte baluardo colla città di Nisibi; la verità nondimeno era che Nisibi non costava se non ispese e guerre per cagion de’ Medi e Parti che non la lasciavano mai in pace: il che in vece d’utile, portava seco un gran danno e dispendio. Ma nel mentre che Severo attendeva a guerreggiar in Oriente, se gli preparò un più pericoloso cimento in Occidente per la guerra a lui mossa nella Bretagna da Clodio Albino Cesare, di cui parlerò all’anno seguente. Per ora basterà di sapere che questo incendio minacciava anche la Gallia; e però all’Augusto Severo fu d’uopo di abbandonar la Soria, e di ricondurre in Europa per terra la grande armata divisa in più corpi, dopo averla ben rallegrata con un magnifico donativo. Racconta Erodiano1620 ch’egli marciava con diligenza senza riposo, non distinguendo i dì delle feste da quei da lavoro. Non l’aggravava fatica alcuna, nè caldo, nè freddo, passando sovente per montagne piene di nevi, e colla neve che fioccava, camminando col capo scoperto, per animar i soldati alla fatica e alla pazienza; ed essi in effetto non per paura, nè per forza, ma per una bella gara al vedere l’esempio del principe, marciavano allegri. Era in somma nato Severo per fare il generale di armata. Allorchè egli pervenne1621 a Viminacio nella Mesia Superiore sulla ripa del Danubio, quivi dichiarò Cesare il suo figliuolo primogenito Bassiano, a cui mutò il nome, con farlo chiamar da lì innanzi Marco Aurelio Antonino. Questi è da noi ora più conosciuto pel soprannome di Caracalla, che gli fu dato dagli storici dopo morte, a cagion d’un abito di nuova invenzione ch’egli portò.