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Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/416

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poca sperienza del mondo non erano sul principio bastevoli a sostener con onore un tal peso; e il senato avea già fatto un decreto che niuna donna potesse da lì innanzi sedere in senato. Perciò la vecchia sua avola Giulia Mesa, e la madre sua Giulia Mammea, desiderose della vera gloria del nipote e figliuolo, o scelsero esse, o pur vollero1926 che il senato eleggesse sedici senatori, i più riguardevoli per l’età, per la saviezza e dottrina, e per probità dei costumi, che si trovassero in Roma, i quali servissero di assessori e consiglieri al giovinetto principe. Così fu fatto1927. Fra gli altri scelti si contano Ulpiano, Celso, Modestino, Paolo, Pomponio e Venuleio, insigni giurisconsulti; Fabio Sabino, Catone dei suoi tempi; Gordiano, che fu poi imperadore, Catilio Severo, Elio Sereniano, Quintilio Marcello ed altri, tutti personaggi di sperimentata integrità. Nè il savio giovine Augusto da lì innanzi solea dire o far cosa alcuna in pubblico senza la loro approvazione: maniera di governo quanto lontana dalla tirannica precedente, tanto più cara al senato, al popolo ed ai soldati. Dal consiglio di uomini tanto onorati e saggi fu creduto che procedesse la gloria del suo principe, e la felicità da lui procurata ai suoi popoli. La prima plausibil azione sua fu di restituire ai templi le statue e robe preziose tolte loro dal capriccioso predecessore, e di bandire da Roma il dio Elagabalo, o sia quella ridicola pietra, con rimandarla al suo paese di Emesa. Quindi nettò la corte da un prodigioso numero di persone inutili o ridicole, o la maggior parte infami, che aveano in addietro servito all’oscena ed abbominevol vita di Elagabalo. Tutti i di lui nani, buffoni, musici, commedianti, eunuchi ed altri di peggior condizione, si videro esposti alle fischiate del popolo, o donati agli amici, o venduti come schiavi o banditi. Si stese il medesimo espurgo al senato e a tutte le cariche e ministeri civili conferiti dal malvagio Elagabalo ad uomini vili, inabili ed anche infami. Tutti costoro tornarono alla lor primiera bassa fortuna, e furono a quella dignità e a quegli uffizii promosse persone dabbene, intendenti delle leggi e gelose del proprio onore. Si vide rifiorire anche la milizia, con darsi gl’impieghi più onorevoli a chi avea dato maggiori pruove del suo valore e della sua prudenza nelle passate congiunture. In questa maniera non andò molto che si vide risorgere ad un tranquillo e felicissimo stato Roma e l’imperio romano, tanto sconvolto e svergognato in addietro dal ribaldo e stolto Elagabalo.




Anno di Cristo CCXXIV. Indizione II.
URBANO papa 3.
ALESSANDRO imperadore 3.

Consoli

GIULIANO per la seconda volta e CRISPINO.

Forse non è ben certo che Giuliano fosse console per la seconda volta, essendovi leggi, fasti ed un marmo1928 che non vi mettono questa giunta. Camminava con felicità il governo di Roma tra per l’inclinazione al bene e alle opere virtuose che seco portava il giovane imperador Alessandro, e per la saviezza e vigilanza de’ suoi ministri e consiglieri, principalmente di Domizio Ulpiano, celebratissimo giurisconsulto, creato poscia da lui prefetto del pretorio. Non lasciavano Giulia Mesa sua avola e Giulia Mammea sua madre, amendue decorate del titolo di Auguste1929, di vegliare alla buona condotta e preservazion dai vizii di esso lor nipote e figliuolo, studiandosi sopra tutto di tener lontani gli adulatori, gran peste delle corti, e chiunque potea guastar il cuore del ben educato principe. E pur