Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/523

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lavorieri, affinchè s’indurassero nelle fatiche, imitando in ciò l’africano Annibale. E però in molte città fece da essi fabbricar ponti, templi, portici ed altri edifizii, e seccar nell’Egitto delle paludi, per potervi seminare, aprendo canali che scaricassero l’acque, e facilitando in altre maniere il traffico pel fiume Nilo. Creato poscia imperadore in età, e riconosciuto per tale da tutti i popoli del romano imperio, in così belle azioni s’impiegò, che Vopisco si lasciò scappar dalla penna, a mio credere, una sfoggiata iperbole, con dire ch’egli fu da preferire ad Aureliano, Traiano, Adriano, agli Antonini, ad Alessandro e Claudio Augusti, perchè ebbe tutte le loro virtù, ma non già i loro difetti. Così Vopisco2603, il qual poi si trova aver saputo sì poco delle gesta di questo imperadore. Scrive Zosimo2604 che una delle prime sue applicazioni fu quella di punire gli uccisori di Aureliano e di Tacito. Nè arrischiandosi a tal giustizia con pubblicità, li fece invitar tutti ad un convito, dove furono tagliati a pezzi dalle sue guardie, fuorchè uno che si salvò, e preso dipoi fu abbruciato vivo. Ma Vopisco2605 non s’accorda con lui, confessando bensì che Probo vendicò la morte di quegli imperadori, ma con più moderazione e discretezza che non aveano prima fatto i soldati e Tacito Augusto. Perdonò ancora a coloro che aveano sostenuto Floriano contra di lui, perchè seguaci non di usurpatore o tiranno, ma di un fratello del principe. Nel mentre che si trovavano imbrogliati gli affari pubblici per la morte di Tacito e per la disputa dell’imperio tra Floriano e Probo, i popoli della Germania, passato il Reno2606, occuparono non poche città delle Gallie in que’ contorni. Vopisco2607 ci vorrebbe far credere che tutte quelle provincie dopo la caduta di Postumo restassero sconvolte: e che, tolto di vita Aureliano, venissero in poter d’essi Germani. Pertanto l’Augusto Probo, lasciato per ora il pensiero di passare a Roma, sen venne a Sirmio sul principio di maggio, e di là poi marciò alla volta del Reno. Trovò i Barbari sparsi per le città galliche, e diede loro addosso in varii combattimenti, con farne una strage incredibile. In una lettera da lui scritta al senato romano si pregia d’aver uccisi quattrocento mila di que’ Barbari, e di averne presi sedici mila, ch’erano poi arrolati nelle truppe romane, e da lui sparsi in varii luoghi e in diverse legioni. Temer si può che sia scorretto qui il testo di Vopisco, o che la morte di tanti armati sia un vanto, difficile a credere. Ricuperò Probo e liberò dal giogo barbarico sessanta o settanta città nobili delle Gallie. Racconta qui Zosimo2608 una cosa strana, cioè che, provandosi gran carestia di viveri nell’armata sua, oscuratosi il cielo all’improvviso, cadde una dirotta pioggia, e seco una tal quantità di grano, che se ne trovavano dei mucchi nella campagna. Stupefatti i soldati, non ardivano di valersi di questo soccorso; ma incalzati dalla fame, fecero macinar quel grano, e il trovarono molto a proposito per saziarsi. Non avrei fatta io menzione di questo racconto, che, al pari degli altri lettori, credo anch’io favoloso, e tanto più perchè Vopisco non ne dice parola, e Zonara2609 ne parla dubitativamente; ma non ho voluto ometterlo, perchè anche nell’anno 1740 vennero nuove che in una villa dell’Austria era piovuto del grano, e ne ebbi io stesso sotto gli occhi, ma senza essersi potuto chiarire se il vento lo avesse colà trasportato da altro luogo, o in qual altra maniera ciò seguisse: dovendo per altro essere certo che grano tale (se pur ne fu vera la pioggia) non era nato in cielo, nè venuto da quel