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Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/587

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gli fu riferito essersi trovato che in quel giorno avea da perire il nemico de’ Romani. Questo bastò per incoraggirlo, perchè l’interpretò contra di Costantino, senza pensare ch’egli stesso potesse essere quel desso; e però tutto in armi passò all’esercito suo, il qual già era alle mani coll’avversario. Così Lattanzio. Ma i panegiristi di Costantino3053 sembrano dire ch’egli in persona schierò la propria armata ed attaccò la zuffa3054. Fu questa delle più terribili e sanguinose, e parve che Dio permettesse che il tiranno ristrignesse la sterminata moltitudine de’ suoi fra il Tevere e l’esercito nemico, acciocchè restando sconfitta, ne perisse la maggior parte o trafitta dalle spade, o sommersa nel fiume. In fatti Costantino, dopo aver messe in miglior ordinanza di battaglia le sue milizie, tutto fiducia nel Dio de’ cristiani, fece dar alle trombe, e innanzi agli altri si scagliò contro ai nemici. I primi a piegare furono i soldati romani ed italiani, perchè ansiosi d’essere liberati dall’insoffribil tiranno. Tennero forte gli altri, e moltissimo sangue si sparse; ma in fine rotta la cavalleria di Massenzio, tutto il suo campo voltò le spalle, ma con aver dietro le spade nemiche, ed avanti un largo fiume. Però la strage degli uccisi fu grande, maggior la copia di coloro che finirono la lor vita nelle acque. Anche Massenzio, spronato il cavallo, cercò di salvarsi pel suo ponte di barche, ma il trovò sì carico per la folla dei fuggitivi, ch’esso ponte si sciolse, e si affondò, ed egli in compagnia d’altra non poca gente precipitò nell’acque, ed ivi restò sommerso3055. Giunta questa nuova in Roma, niuno per qualche tempo osò di mostrarne allegrezza, perchè non mancava chi l’asseriva falsissima; ma ritrovato nel giorno appresso il cadavero dell’estinto tiranno, e spiccatane dal busto le testa, portata che fu questa sopra un’asta nella città, allora tutto il popolo proruppe3056 in trasporti incessanti di gioia, senza potersi esprimere quanta fosse la consolazion sua al trovarsi libero da un tiranno, delle cui iniquità parlarono cotanto non meno i cristiani che gli etnici scrittori. Ma crebbe il giubilo, quando videro entrar in Roma nel giorno susseguente al fatto d’armi il vittorioso Costantino in foggia di trionfo, ma insieme in abito di pace e d’amore, perchè senza condur prigioni, e con fare buon volto a tutti, e solamente con aria di clemenza si lasciò vedere a quel gran popolo. Zosimo scrive ch’egli fece levar di vita un picciolo numero di persone troppo in addietro attaccate al tiranno; ed oltre a ciò Nazario sembra dire che Costantino sradicò dal mondo la di lui schiatta colla morte probabilmente del figliuolo di Massenzio, che non sappiamo se fosse Romolo o pure un altro. La clemenza sua si stese dipoi sopra il restante delle persone3057, ricevendo in sua grazia chiunque era stato apertamente contra di lui, e conservando loro il possesso dei beni ed impieghi, e fino ad alcuni, dei quali il popolo dimandava la morte. Accettò inoltre al suo servigio que’ soldati di Massenzio ch’erano salvati nella rotta, con levar loro l’armi; benchè dipoi loro le restituì, mandandoli solamente divisi alle guarnigioni dei suoi stati sul Reno e sul Danubio. Ma ciò che più d’ogni altra sua risoluzione diede nel genio al popolo romano, e gli guadagnò le benedizioni di ognuno, fu ch’egli abolì affatto la milizia pretoriana. Questo considerabil corpo di gente militare e scelta, istituito anche prima da Augusto, e conservato dai susseguenti imperadori per difesa delle lor persone,