Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/612

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da carico, si servì di alcune centinaia di barchette, ed empiutele di soldatesche, felicemente le fece passar lo Stretto, e andò a sbarcar nella Bitinia circa trenta miglia lungi da Calcedonia, dove soggiornava Licinio. Benchè Costantino desse tanto tempo al cognato da ravvedersi e da chiedere pace, egli non si era saputo fin qui umiliare; perchè tante volte ingannato dai suoi falsi dii e sacerdoti, pure cercava dei nuovi dii che gli recassero aiuto: laddove Costantino non di altro si fidava che della protezione del vero Dio, e a lui continuamente ricorreva con preghiere. Contuttociò si raccoglie da Eusebio3208 che qualche trattato e concordia seguì fra loro; ma non sincera dalla parte di Licinio, il quale cercò in questa maniera di addormentar Costantino, per unire intanto una poderosa armata. Non furono occulti i di lui disegni, e si venne a scoprire ch’egli da tutte le nazioni barbare cercava soccorsi, ed in fatti ottenne un grosso rinforzo dai Goti: il perchè Costantino determinò di schiacciar la testa, se poteva, a questo serpente, con venire ad una nuova battaglia, se pur non fu lo stesso Licinio il primo a volerla, siccome risulta da Eusebio. Abbiamo da Zosimo3209, che nell’armata di Licinio si contavano cento trenta mila combattenti, avendo egli richiamato Martiniano da Lampsaco colle milizie inviate colà. Con quanta gente procedesse a quel fatto d’armi Costantino, nol sappiamo. Si venne alle mani. Licinio facea portar fra le schiere le statue de’ suoi falsi dii per incoraggiare i suoi. Le insegne di Costantino colla croce quelle erano che promettevano sicura vittoria a lui: e così fu. S’affrontarono le armate a Crisopoli3210 in poca distanza da Calcedonia nel dì 18 di settembre; andò in rotta ben presto quella di Licinio; e tale strage ne fu fatta, che Zosimo3211 giunse ad aprir ben la bocca con dire, esservi periti cento mila de’ suoi. Ma più sicuro sarà l’attenersi all’Anonimo di Valesio, che mette solamente venticinque mila stesi morti sul campo. Questa insigne vittoria si tirò dietro la presa di Bisanzio, e poi di Calcedonia. Ritirossi Licinio con que’ pochi che potè raunare a Nicomedia; ma incalzato dall’armi vittoriose di Costantino, senza dimora assediato in quella città, altro scampo non ebbe che d’inviar supplichevole Costanza sua moglie al fratello Costantino. Andò essa, ed ottenne salva la vita al consorte. Venne poscia il medesimo Licinio nel campo a’ piedi di Costantino, in cui mano rimise la porpora imperiale; riconobbe lui per suo signore ed imperadore, ed umilmente dimandò perdono delle cose passate. Costantino il tenne seco a tavola, poscia il mandò come in luogo di rilegazione a Tessalonica, essendosi, per quanto scrive Zosimo, obbligato con giuramento alla sorella di conservargli la vita. Per conto di Martiniano Cesare, Aurelio Vittore3212 e Zosimo3213 scrivono che per ordine di Costantino dalle guardie fu immediatamente tagliato a pezzi. L’Anonimo Valesiano vuol che per allora gli fosse lasciata la vita, ma questa dopo qualche tempo tolta gli fu nella Cappadocia. Così il giovane Licinio, nipote di Costantino, perchè figliuolo di Costanza sua sorella, e di pochi anni di età, se crediamo a Teofane3214, restò spogliato della porpora e del titolo di Cesare; ma dopo tre anni, siccome vedremo, anch’egli fu ucciso. Alcune medaglie presso il Du-Cange3215 ed altri, cel rappresentano Cesare anche dipoi; ma della legittimità d’esse noi non siamo bastevolmente sicuri; e certo poco verisimile si scorge che a lui fosse lasciato un titolo di tanto decoro. Che a