Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/630

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barbone coll’imperador Costantino. Nientedimeno si può credere che di gran conseguenza non fosse il favore goduto da costui; imperciocchè Costantino permise che l’infuriata plebe il mettesse a pezzi, forse, come vuole Suida, per far conoscere l’abborrimento suo al paganesimo. Si può anche riferire a questi tempi ciò che lasciò scritto Eusebio3343, cioè tanto essere salito in riputazione l’Augusto Costantino, che da tutte le parti della terra erano a lui spedite ambascerie. Ed egli stesso attesta d’aver più volte osservato alle porte del palazzo imperiale le varie generazioni di Barbari, fra’ quali specialmente i Blemmii, gli Indiani, gli Etiopi, tutti venuti per inchinare un così glorioso e temuto monarca. Il vestir loro, la capigliatura, le barbe, tutte erano diverse. Terribile il loro aspetto, e la statura quasi gigantesca. Rosso il colore d’alcuni, candidissimo quello d’altri. Portavano tutti costoro dei regali a Costantino, chi corone d’oro, chi diademi gioiellati, cavalli, armi ed altre specie di donativi, per entrare in lega con lui, e stabilir seco buona amicizia. Più era poi quello che il generoso principe loro donava, rimandandoli perciò più ricchi di prima, e contenti a casa. Oltre a ciò, i più nobili fra que’ Barbari soleva egli affezionarsegli, decorandoli con titoli ed ammettendoli alle dignità romane: dal che veniva che la maggior parte d’essi, non curando più ritornarsene alla patria, si fermava ai servigi del medesimo Augusto. E tale era la politica di Costantino, il cui cuore non si trovava inquietato dalla dannosa insaziabilità de’ conquistatori, ma bensì nobilmente bramava di far godere un’invidiabil pace e tranquillità a tutti i sudditi del suo vasto imperio: lode non intesa dal maledico Zosimo3344, che quasi gli fa un reato, perchè desistè dalle guerre. E di questa sua premura di far godere la pace ai suoi popoli un bel segno diede, allorchè Sapore re della Persia (se crediamo a Libanio3345), in occasione di inviargli una solenne ambasciata, gli dimandò una gran quantità di ferro, di cui niuna miniera si trovava in Persia, col pretesto di valersene per far guerra ai lontani. Tuttochè Costantino conoscesse che questo ferro potea un dì servire contro i Romani, pure, per non romperla con quel re, che parea disposto a far guerra, ne permise l’estrazione, assicurandosi coll’aiuto di Dio di vincere anche i Persiani armati, se l’occasion veniva. Della stessa ambasciata fa menzione Eusebio3346, siccome ancora della suntuosità de’ regali passati fra loro, e della pace di nuovo assodata fra i due imperii. Aggiugne che un motivo particolare ebbe il piissimo Costantino di mantener buona armonia con quel re, perchè la religione di Cristo avea stese le radici fino in Persia; ed egli, siccome protettor d’essa, non volea che i cristiani di quelle contrade restassero esposti alla vendicativa barbarie del re persiano. Anzi abbracciò egli questa congiuntura per iscrivere a quel regnante una lettera, a noi conservata da Eusebio e da Teodoreto3347, in cui, dopo aver esaltata la religion de’ cristiani, come sola ragionevole e protetta da Dio, raccomanda a quel re i fedeli abitanti nel di lui regno. Il Gotofredo3348 e il padre Pagi3349 mettono sotto quest’anno lo studio di Costantino, affinchè si distruggessero i templi e gl’idoli più famosi del gentilesimo, come si ricava da san Girolamo3350 e da altri antichi scrittori.