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Pagina:Annali del principato ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540.djvu/11

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iv

latente sotto le rovine delle invasioni barbariche, o nelle sue moltiplici e disordinate manifestazioni dal mille in poi. Tra gli eruditi trentini che bene meritarono del loro paese, per averci offerto materiali copiosi e sicuri onde ricostruirne la storia politica, morale e civile, specialmente nei tempi più tenebrosi dell'evo medio, vuol essere, dopo l’Ippoliti, giustamente encomiato Francesco Felice degli Alberti canonico e poscia vescovo di Trento. Di lui, come vescovo e principe nella sua patria, parleremo acconciamente nella serie delle biografie, che dei sovrani ecclesiastici del Trentino verremo in seguito pubblicando; qui non ci corre altro obbligo che di considerarlo come raccoglitore e compilatore di patrie memorie, e di accennare alle ragioni che ci hanno mossi a dare al suo lavoro, finora inedito, un luogo distinto nella nostra collezione dei materiali di storia patria.

L’Alberti, apprese le scienze ecclesiastiche in Roma e divenuto canonico in Trento nel 1724, non ancora compito il quinto lustro dell’età sua, con provvido e salutare consiglio dedicava gli ozii proverbiali della sua carica allo studio delle numerose scritture componenti l’Archivio del Capitolo Tridentino. Col progredire nelle ricerche egli si avvide ben presto che, se la utilità degli archivi è assai limitata per ciò che concerne alla materialità dei fatti generali e palesi, può essere molto considerevole quanto ai fatti particolari, svelandone le vere e talora riposte cagioni, rilevandone le circostanze che ad essi danno lume e colore. E perciò trascrisse accuratamente tutte quelle carte