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pericolo ch’essa correva di essere sorpresa e soggiogata dai nemici; e sollecitano l’invio di denaro e di truppe1.
Nel 1512, il vescovo Giorgio ammise Nicolò signore di Gresta alla rinnovazione feudale di Castel Gresta e del Dosso di Gardumo, col mero e misto imperio delle ville di Panone, Verano, Clenisio, Ronzo, Valle ed Opoli, colle decime e boschi ed in ispecie col lago di S. Andrea; non ostante che, per non aver levate sotto due vescovi antecessori le investiture, quei feudi fossero devoluti alla Chiesa2. Li 26 febbrajo del medesimo anno il vescovo Giorgio scrisse a Sebastiano conte di Lodrone dolendosi che egli coi suoi fratelli e cugini fosse stato tanto presuntuoso di accogliere e favorire i nemici e ribelli dell’Imperatore sotto pretesto di una finta lettera di Sua Maestà, che lo invita a mostrare; mentre il vescovo asserisce di averne veduta una di pugno del conte, colla quale eccitava alla defezione i sudditi vescovili di Tignale3. Da una quietanza dei 5 maggio di quest’anno risulta che Raffaele vescovo d’Ostia e cardinale di S. Giorgio confessava di aver ricevute libbre nove di cera bianca a nome di Massimiliano I conte del Tirolo, dovuta alla Camera apostolica pei nove anni decorsi, in ragione d’una libbra all’anno, pel giuspatronato arciducale sulla Prepositura di Trento4. Ad esempio delle altre due