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Libro Quinto. 113

parere di quelli, che tengono, havesse quel benigno Prencipe presa in sua protettione, & governo la Republica di Trento, & anco con gran piacevolezza retta, & custodita. Condescendesse facilmente alle preghiere, fattegli dal Vescovo con lettere, che contenevano non lo abbandonasse in tanta calamità, & tradimenti.

Dicono, che l’Arciduca havesse malamente intesa una tal sceleragine de Cittadini di Trento, che perciò non potendo si fatta impietà portar in patienza, determinò al despetto loro restituire il proprio Prelato, huomo giustissimo, & di lui amico alla propria Chiera, & quelli, per il cui consiglio era stata fatta la congiura nel proprio Vescovo, bandire dalla Città, & precipitargli nell’Adice, quando fossero per loro mala sorte capitati nelle di lui forze.

Giorgio ancorche si fusse querelato della crudeltà de Cittadini ver la sua persona, ad ogni modo fatto imittatore di Christo, come conviene a Padre universale, s’affaticò mitigare più tosto, che irritare maggiormente il giusto sdegno del Duca.

Quando intese, che era quel Prencipe con preparata armata in procinto per vendicare il di lui oltraggio, rispose restargli molto obligato, havendo inteso che havesse à diffesa della sua causa, reputatione, & Stato insieme stabilito con magnanimità assalire Trento, ma perche vedeva quella Città afflitta, & in esterminio per la piaga, & rovina poco fà ricevuta, & che, se di nuovo venise presa à forza d’arme, darebbe l’ultimo spirito, s’ellegeva più tosto restar solo in calamità, lontano dalla sua Chiesa, & Principato che governare frà le lacrime, & singulti de suoi Cittadini, doversi trattare la sua ritornata con gli Trentini più mittemente.

L’Arciduca quanta maggior bontà osservò nel Prelato, tanto maggior sdegno concepì contra gli Trentini. Si mostrò non poter più tolerare, che la congiura di quei scelerati, più al lungo facessero furie carnevalesche del loro scacciato Vescovo. Di già haveva d’ogni parte chiamate genti, con ogni rigore fatte Cernide, formato un Esercito d’ogni sorte di persone, commandato tutti fossero in pronto all’assalto & rovina di Trento. [Sigismondo Arciduca manda l’armata alla volta di Trento.] Mentre andava machinando la guerra ne Trentini. Il Vescovo portava la sua disgratia con gran modestia, & patienza. Non volse come vago, & pelegrino, d’animo perduto, humiliarsi à piedi del populo vincitore, ma instrutto dalle Sacre lettere in qual si voglia luogo accadeva trovarsi is prefigeva sempre restare Vescovo, & quello essere la di lui propria patria, non reputa esser scacciato dalla Cit-