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202 | Delle Croniche di Trento |
Quivi furon apposte le vivande, comparendo con lunga ordinanza nelle mense bandiggioni di varie sorti d’uccelli domestichi, & selvatci portati di diverse parti, fiere selvatiche, intiere, arrostite, in soma si celebrò un lautissimo convito, furon acconciate tante sorte de fercoli, apprestosi quella Cena con tanta copia, ed abbondanza de cibi (che per non affaticare molto nel narrare pontualmente il tutto) se non fosse stata conosciuta l’integrità, & riguardevole vita di quel Prelato, havrebbe potuto esser notato di lusso. Ancorche non vi fussero state Lepre grasse, Limage, [Convito temperato.] & Porco Troiano, ò Cingiale intiero, & pieno d’altre selvaticine, cose tutte convenevoli, & dimandate dall’intemperanza della lasciva gola. Fù ad ogni modo chi lo oppose haver egli usata maggior diligenza, & sollicitudine in procacciar tante delicie, di quello, che conveniva à nostri tempi.
Acciò li convitati sapessero non esser lui per satiar il sfrenato appetitto, non esser chiamati à lussi, ò ad altri voraginose, & impertinenti rilassationi, non era minor l’abbondanza delle virtù, quali risplendevano, & campeggiavano in quelli Campioni, che la copia delle vivande. Gli delicati cibi, l’abbondanza delle fercole alletavano gli temperati, & modesti convitati, ma la temperanza, che non può piegare ad alcun estremo, ammoniva à non passare gli termini della modestia, ma solo à prendere quanto il stomaco ragionevolmente può capire, di modo che il piacere della gola, quall’in alcun è insatiabile, stava soggetta alla continenza. Da per sè faceva constare, questo convito esser stato ordinato da un sapientissimo Prencipe, non acciò fossero corrotti, & contaminati gli buoni costumi delli assentati, mà acciò maggiormente venissero à spiccare, & essere commendati, stante non sij maggior la gloria, & honore qual si riporta dal superato, & domato nemico, che la vittoria acquistata nel mortificare il ventre da una opulentissima mensa. Havevano letto, che riscaldandosi la mente, & il corpo humano dal soverchio vino, era un incitare, & dar fuoco alla complessione, & natura dell’huomo, perciò [Gli convitati temperati.] appligliandosi à quanto insegnò, & lasciò scritto Platone temperatamente si davano al vino. Cercavano sollevar l’animo, & rinforzar il corpo; tutti uniti, & d’accordo come in reale, & vicina zuffa contrastavano, & facevano guerra al vino, prendendone solo quanto bastava ad allegrar, & sollevar l’animo, essendo da qualche tristezza oppresso, non à soffocar il genio della mente.
Cosi dunque parcamente mangiavano, & bevevano, che