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260 Delle Croniche di Trento

gno, & abbondando eccessivamente di tutte le cose, non temono anni pestilentiali, ne penurie de biade, & altri frutti, ne che non sijno coltivate le Campagne. Ma noi se per qualche maligna constelatione, ed influenza gli campi non rendono frutto, siamo nel medemo punto constretti à mendicare, quindi per essere noi poveri ci spregiano, essendo stimata la povertà la regina delle miserie.

Mentre gli Rustici ruminavano frà se stessi queste considerationi, s’infiamavano ad ogni male. Si riducevano parimente à memoria altre cose, quali animarono gli Contadini contro gli Nobili, racontavano esempi antichi. Dicevano haver molti di loro sentito da suoi vecchi nelli tempi passati, che alcuni donzenali, & di bassa conditione ascessero alla dignità di Senatore, altri fatti ricchi, vissero con sontuose spese alla reale, che ancor essi, se fossero frà le armi potevano almeno l’istesso, se non cose maggiori sperare dalle vittorie.

Aggiungevano alle cose sudette, altre apparenti ragioni e operarono in tal guisa che li Villani, & i più giovani in particolare (quali nelli campi, con la mercede delle lor mani toleravano in patienza gli mancamenti del vivere, con danni sollicitati da perversi huomini, che desiderando mantener le Republiche in seditioni, preponevano il godibil, & delitioso vivere della Città ad una miserabil vita, alla odiosa è mal gradita fatica delle Ville) essendo poveri, e bisognosi, facilmente furon d’invidia presi delle altrui richezze, non potevano con buon occhio vedere i di sè più potenti. Perciò più godevano veder ogni cosa sosopra, & in seditioni, che stessi poco stimati.

Per tali motivi, ardevano di sdegno gli animi de Contadini, infiamati alla rovina, & eccidio de buoni Cittadini. Pur è chiaro che gli Villani non hebbero, manco in apparenza, alcuna giusta causa di commettere si nefando delitto. Ma da per sè se la perfigevano giustissima, per por in effetto, e satiare l’insatiabile, e natural odio, che portavano à Nobili, tentando torgli di vita.

Non mancava altro ad eseguire misfato si enorme, che un Capitano, qual sapesse condure l’inesperta turba. Parve che la fortuna in quel bisogno opportunamente provedesse à quelli Villani, di sdegno avampanti contra i Nobili, gli presentò il maledetto Luthero, che all’hora grandemente temeva gli Prencipi, di modo, che pareva non manco il Capitano ricercasse l’aiuto della moltitudine, che al volgo la condutta d’huomo perito nella militia.

Luthero havendo conosciuto, che molti non volevano ab-