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Libro Undecimo. 281

demo impeto, incontamente calare in Italia,) spontaneamente senza esser richiesti, promisero la Prencipe di Trento ogni aiuto, acciò con tal soccorso restasse esso, come amico, aiutato contra tanta moltitudine di gente bestiale, & parimente diffesi gli lor confini, avanti, che il tumulto andasse più avicinandosi, & l’Italia s’infettasse di cotal pestilentiale contaggio della Germania.

Ne medemi giorni Francesco Sforza Duca di Milano, (che dominando, e prevalendo gli Francesi, già era stato constretto, disperati li suoi interessi partirsi dal proprio Ducato, e stantiare profugo per longo tempo in Trento, ove dal Clesio, fù benignamente ricevuto, e liberalissimamente trattato,) non si smenticò del beneficio; e di soccorrere in tanti travagli il bon Vescovo benemerito della sua persona, anzi mandò ad offerirgli tutte le forze del suo Stato, e che mai haverebbe ad amico tale, qual anco teneva in luogo di padre, in turbolenze si inique, in pericoli si dubbiosi, mancato. Queste offerte furon gratissime al Vescovo, scorgendo non essere in tante calamità sprezato da si buoni Prencipi, ancorche mai havesse dubitato, di non poter con le proprie forze ripararsi dalle ingiurie di quelle venenose vipere d’una vil turba.

Con ogni prudenza si provide di ciò, che conosceva necessario per mortificare gli Villani, è absente avisava con lettere, ed esortava gli suoi Cittadini, acciò si mantenessero in fedeltà, che il violarla era cosa da vituperosi, e traditori, la più iniqua d’ogni altra sceleragine, s’arricordassero, che il morire per la Republica era cosa gloriosa. All’incontro esser grande iniquità che buoni, ed eggregij Cittadini servissero alla rusticità de Villani.

Mentre in Riva si facevano questi preparamenti, & si mettevano in ordine questi aiuti dal Vescovo, con commun conseglio de soprastanti, à quali dal Prencipe era dato il governo della Città, furon licentiati i presidiarij, conscritti nella Giudicaria, parevano che gl’animi popolari commossi dalle solevationi, e dall’empito passato de Cittadini, s’andassero mittigando. Convocarono parimente il consiglio, qual fù numeroso, tutti concorsero in parere doversi pregare il Prencipe a compiacersi di far ritorno alla Città, che la sola sua presenza poteva tranquillare, & sedare tante discordie civili, & quietare gli animi proclivi alle seditioni.

[Il Vescovo per Ambasciadori vien richiamato alla Città.] Dunque con unanimo consenso furon dalla Città mandati Ambasciatori al Prencipe, Andrea da Sintelli, Alessandro Ghelfo, Girolamo Tonero Dottori, e Bonaventura Fazino, Dottor di leggi: huomini da bene, e leali, per supplicarlo si degnasse quanto prima