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312 Delle Croniche di Trento

fensore delli nostri raccolti, gli tralasciati sacrificij. Niun’altra fatica, niuna afflitione più di questa ci tormentava, che era il vederci per la sceleratezza d’houmeni superbi separati da quelli Altari, à quali siamo soliti dar gli incensi, & fare le nostre orationi, questa ramenbranza ci trapassava le viscere dell’anime nostre, era impossibile passarla senza risentimento. Per il che havevamo irrevocabilmente determinato esporci à qual si voglia pericolo, patire ogni pena, che restar privi delle antiche cerimonie Vigiliane: questo fù il principal mottivo, che ci indusse all’armi.

Credilo, sapientissimo Prencipe, più ci mosse, ed infiamò la superbia contra di noi d’alcuni tuoi Cittadini, che quelli tuoi decreti di non potere condurre gli nostri Vini nella Germania. Cosa di gratia povevamo fare, non potendo in altro modo resistere alla tirania; e fatione de nostri capitali nemici, vedendoci ad ongi passo con mille false imposture d’ogni parte insidiati? Ci convenne dal luogo alla fortuna, lo dassimo, anzi che molti de nostri senza lor colpa sono andati in essilio, senza lor minimo peccato sotto colore che la Republica vivesse quieta, per la lor lontananza, furon banditi, & mentre gli buoni Cittadini, desiderosi del giusto, è di diffendere gli oppressi innocenti, volendo contra gli malvaggi protegere la nostra causa, furono isforzati desistere affine che non nascesse per tali contese, à nostro pro intraprese, maggiori disconcij. Era poi la crudeltà de Cittadini gionta à segno, che non gli dava il core ci affligessimo tanto nelli estivi, è cocenti ardori delle campagne, compassionavano tanti nostri patimenti, e però ci facevano à forza condure in fresche, è ben oscure priggioni; Inaudita malvagità! pareva loro havessimo troppo bene nelle continue nostre fatiche, frà quelli gran caldi, e scorgendoci contenti della nostra miserabil sorte, ci facevano por alle strette, frà duri ceppi.

Si che fù necessario per liberarci da tanti oltraggi, ricorrere all’armi. Questa fù la causa di tante commotioni, e solevamenti, non solo contra la nostra Città, ma anche contra tutta l’Alemagna, & Italia. Ma dimmi per tua fè, che danni hà patitti per questi nostri tumulti la Città, è Chiesa di Trento. Mai gettassimo fuochi artificiati sopra i tetti, non habbiamo, come in molti altri luoghi si è fatto, distrutte Chiese, ne Altari: solo uscimmo e vero armati in campagna, si facessimo vedere pronti, non già per invadere, ne offendere in minimo neo la dignità Ecclesiastica, qual noi, e i nostri maggiori sempre l’habbiamo havuta in