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366 Delle Croniche di Trento

naufraggio pur d’una nave in Affirica, ove, fù il primo à nostra memoria, che vi portasse il stendardo della Croce, principalmente per liberare gli Christiani schiavi, si malamente, e crudelmente trattati, & ancorche patisce grande difficoltà, e resistenza in prender lito, messe ad ogni modo al lor dispetto le squadre in terra, e dispersa la Cavalleria Turchesca, che provò il nostro Esercito assai snello, e sollecito, assalirono con gran corraggio, e valore il Castello, ò Fortezza, dal volgo chiamato Goleta, per natura, & artificio humano forte, d’argini, & Artegliarie ben munito, e reso quasi inespugnabile.

All’hora la fantaria Italiana, che nel combattere prende gran coraggio, l’un l’altro facendosi animo, eccitando in tal guisa il lor nativvo spirito, assalì con gran valore diverse volte i forti dell’inimico, per espugnarli, e diede in quei assali gran saggio dell’innata virtù. Gli Spagnuoli, natione parimente di grand’ardire, e che per l’agilità de corpi, e pratica del guerreggiare non la cedono, à piedi, à natione del mondo, havendo veduti gl’Italiani, con quali sempre contesero di gloria, esporsi in servitio dell’Imperatore à colati pericoli, inalzate le grida, s’ammassarono, & s’accinsero all’assalto della Fortezza; si che d’una parte gli Spagnuoli, dall’altra gli Italiani à gara aspirando con gran ansia, & con ugual valore alla vittoria s’avanzarono alle mura.

Gli Castellani temendo, che appoggiate le scale alle mura, non superassero gli inimici ogni lor fortificatione, e riparo, gli travagliavano con Artegliarie, quali per rompere, e fracassare gli squadroni ben spesso con diversi colpi venivan scaricate.

Il denso fumo causato dalla polvere arsa, haveva in modo coperto, & oscurato il Cielo, che a pena si potea conoscere il più vicino. Cotal molestia, e danno porse alli nostri l’occasione della vittoria, perche servendosi del beneficio di quella casuale caligine se la scantarono per mezo gli ribombi de Canoni. Superata ogni difficultà di quella munita Fortezza, gli Italiani, à vista dell’Imperatore, piantarono primieri gli stendardi Christiani sopra le Mura. Ne di ciò prima s’accorsero gli Goletani, che essendosi schiarita l’aria, e disperso il fumo, medemi viddero gl’inimici frà le lor mura. Mandato à fil di spada il presidio, conobbe Cesare, che il Castello da tutti stimato inespugnabile, al primo assalto, dal valore principalmente delle due nationi, restò preso.

Andò poi alla volta di Tunesi, che d’altri vien chiamato Tunen, & d’alti Tunito, Città forte, e munitissima, abbondante, e