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374 Delle Croniche di Trento

fendersi, & far testa mandò a fil di spada. Occupò in breve, eccetuati alcuni pochi luoghi, diffesi dall’armi Imperiali, scacciatone Carlo, Duca, tutte le Città, è Castelli, facendosi padrone di tutto quel Prencipato, per poi (come era fama) più facilmente prendere il Ducato di Milano.

Affermava per alcune antiche pretensioni appartenersi di raggione alla sua Corona. Non depose mai cotal pensiero, ancorche più volte con tanto suo danno havesse infelicemente tentata simil impresa. La grandezza dell’animo superava la forza delle stelle, che gli minacciavano ruina. [Cesare esce in campagna contro li Francesi.] Cesare che di già haveva determinato con gli medemi auspicij, con quali haveva cominciata quella guerra, la seconda volta traddure l’Esercito in Affrica, per domare il rimanente di quella gente Barbara, intesi gli tentativi del Re Francese, subito mutò pensiero, e rivolse l’animo da si Santa speditione, piegando tutte le sue forze contro Francesi, risoluto diffendere gli Milanesi, à quali devea soprastare la guerra. Sapeva benissimo, quando non havesso estinto quel fuoco, che di recente s’andava sccendendo, cresciuto sino à divenir incendio, havrebbe in breve arsa l’Italia tutta. Ciascuno di sana mente poteva conoscere cotal mossa, esser stato principio di gran rovine. Ciò scorgendo il Trentino, che anzi molto avanti previde cotali infausti successi, e perniciose discordie, se gli scopiavano le viscere, piangeva dirotamente frà la presente nostra misera conditione, la rovina di tanti paese, & gli danni, che pativa la Romana Chiesa, per le discordie de Prencipi Christiani. Ruminando parimente le communi miserie quali tanti anni ha provata la povera Italia, e rinfrescandosegli la memoria de passati tempi, abbominava quelle infauste squadre, da quali eran state morte tante migliaia di persone, e dalle quali la nostra età haveva viste le rovine di tante Città, la stragge di tanti popoli, la morte di tanti Prencipi: sciagure che mai à bastanza deplorare si potrano, di modo che il distretto d’Italia (per non fraporre per hora altri luoghi, in queste contingenze) è fatto funebre sepolcro de proprij, e forastieri.

Per queste cause giudicò impiegar ogni suo spirito, è sapere, ancorche lo conoscesse giustamente adirato: per rimuovere ad ogni modo l’Imperatore, per quanto potea da si perniciosi disegni, havendolo per avanti con soverchie preghiere poco meno, che annoiato, finalmente quasi che disperasse la vittoria, comminiciò à suadergli la pace. Che in quanto à sè inchinava sempre ad esser di pace promottore, è quando non havesse volsuto con simil consigli seguire,