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capitolo xxviii. 81

giero; e lasciò il romitorio per andare al mondo. E allora il demonio incontanente prese podestà sopra di lui, e mise una ritorta nella via, e preselo per lo piede, e fecelo cadere giuso d’un sasso, in tal maniera ch’egli morì, e portonne l’anima sua allo inferno, perocch’egli non perseverò nel suo buono cominciamento. Però Cristo dice: Non chi comincia, ma quale persevera infino alla fine, quegli sarà salvo.

CAPITOLO XXIX.

Della temperanza appropriata al cammello.

Temperanza, secondo che dice Tullio, si è ferma e misurata signoria in ristrignere le cupiditadi del mondo e dell’animo; ed è temperanza di due maniere: la prima è a contrastare alla cupiditade che viene dall’animo, e questa è propriamente temperanza: la seconda si è temperanza naturale a costrignere e contrastare alla volontà che viene per alcuno naturale movimento, come quegli che per natura ha d’essere lussurioso, superbo, iroso, che per natural movimento si muove a ciò; e questa si chiama sofferenza; ch’è troppo maggiore virtù che non è temperanza, siccome pruova Frate Tommaso. Insensibilitade è a non voler mai avere alcuna dilettazione d’alcuno diletto ragionevole. E puossi assimigliare la virtù della temperanza a una bestia che si chiama cammello, che naturalmente si è il più lussurioso animale che sia al mondo; ch’egli