Pagina:Antoniani - Educazione christiana dei figliuoli.djvu/113

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SECONDO. 41

saprà custodire la pretiosa heredità della fede catholica, et saprà con l’aiuto divino guardarsi dai figliuoli delle tenebre i quali in questi ultimi calamitosi giorni son cresciuti in tanto numero che fa bisogno di molta cautela, et prudenza di spirito per guardarsi dalle reti loro, si come San Paolo ci ammonisce nel fine della epistola a i Romani con queste divine parole:

Fratelli io vi prego, che voi stiate avvertiti sopra coloro che vanno seminando dissensioni, et scandali, insegnando altra dottrina di quella che havete imparata, et appartatevi da loro; percioche questi tali non servono a Christo nostro Signore, ma al suo proprio ventre, et per mezzo di dolci sermoni et di benedittioni, seducono i cuori de gli innocenti, et semplici. Io so la vostra obedienza, la quale è divulgata in ogni luogo, et me ne rallegro in voi; ma io desidero che voi siate sapienti, et accorti nel bene, et simplici nel male. Sino a qui son parole di S.Paolo dignissime di esser tenute a memoria, et necessarie perche ciascun fidel christiano le osservi fidelmente.

Delle quattro cose ultime. Cap. XIV.

Dice il Savio nella santa scrittura: In tutte le opere tue ricordati de i tuoi novissimi, et non peccarai giamai; quattro sono, secondo la sentenza de i padri questi novissimi, overo ultime cose, cioè la morte, il giuditio di Dio, la dannatione eterna, et la vita eterna, delle quali scrisse un Divoto, et util libro Dionisio Cartusiano, intitolato de quatuor novissimis. Questi ci sono accennati nel santo Simbolo Apostolico quando confessiamo che Christo nostro Signore verrà dalla destra del padre, dove hora siede a giudicar i vivi, et i morti, et parimente ne gli ultimi articoli ne i quali confessiamo la resurretione della carne, et la eterna vita. Hora lungo saria a dire tutti i frutti grandi che apporta ciascuno di detti novissimi, ma in particulare la consideratione, et mediatione della morte, il che la nostra sensualità per natura aborrisce; ma per elettione anchora gli huomini ordinariamente fuggono tanto questo pensiero, che tra molti è un proverbio commune, che non si parli di morte; parendo loro che questo sia lo assentio, che faccia amara ogni dolcezza di questa vita, quasi che il non parlare di morte, ò non pensarvi, possa impedire la irreparabile necessità del morire; et non considerano questi tali quanto meglio sia il pensar spesse volte a quella attione, che necessariamente si ha da fare, acciò si faccia bene, atteso che ci importa tanto quanto quello che rettamente giudichi, facilmente può intendere, cioè, per dirlo in una parola sola, dal bene, ò non ben morire, pende l’eternità della gloria, et l’eternità della pena. Ma tra le molte utilità,