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TERZO. 166

Dio, appresso alquale non ci è accettatione di persone, sono communi à tutti, ne altrimenti è battezzato il ricco, che il povero, ne meno è adottato da Dio per suo figliuolo, et herede del paradiso, il povero, che il ricco, anzi dicono i santi, che la povertà è un istrumento commodissimo per acquistar le virtù, et per conseguenza la eterna beatitudine. Adunque consolinsi i poveri, et pensino, che Iddio con somma sapienza ha voluto nelle sue creature ragionevoli, questa tanta varietà che noi vediamo di ricchi et di poveri, di litterati et di idioti, di più robusti, secondo il corpo, et meno acuti nello intelletto, et altri per contrario, acciò queste, et altre diversità fossero come tanti vincoli d’amore, che strettamente ci ligassero insieme, etiandio naturalmente parlando, mentre vediamo che niuno è sufficiente per se medesimo, ma ciascuno ha bisogno dello aiuto de gli altri. È vero che i poveri fanno di molte fatiche, ma non si diano ad intendere, che quelle de i nobili et ricchi siano minori, a i quali appertiene conservar la pace publica, mantener la giustitia, difendere i poveri che non siano oppressi da i più potenti, aiutargli con danari, et dar loro occasione et materia di poter esercitar gli artifitii loro et adoprar le forze del corpo per guadagnare il vivere, benefitii senza dubbio grandissimi de i ricchi verso i poveri, de iquali i poveri devono essere grati, et ricordevoli, rendendo amore, et osservanza, et fideltà à i ricchi, et buona cura, et diligenza nella cultura de i campi, et nella custodia delle cose loro. Così come all’incontro i ricchi devono tener protettione de i poveri, et havergli in luogo di figliuoli, tanto più per debito della carità christiana, poi che tutti siamo una cosa in Christo, et è ben giusto che apparisca à gli effetti che siamo membra insieme, et come il piede porta il capo, cosi il capo regge il piede, et si abbassa per dargli rimedio, quando è infermo. La onde molta riprensione meritano alcuni giovani discoli della Città, che con burle, et scherni contristano i poveri, et semplici huomini di contado, che ci danno tanto prontamente il lor sudore, et le continue fatiche.

Della cura paterna circa il fare apprendere da i figliuoli le arti mecaniche. Cap. LXIV.

Pervenuto il fanciullo poveramente nato, à età di poter tanto quanto affaticare, non havrà da stare in otio, ma conforme all’antica sentenza, si disporrà à mangiar il pan suo, nel sudore del volto suo, però secondo la conditione del povero padre, et secondo la robustezza del corpo et la sua maggior inclinatione, doverà essere impiegato in qualche arte, ò