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Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/100

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74 argonautica.

     240D’Agenore figliuol, che delle tutte
     Sventure umane la maggior sofferse,
     Per la data già tempo a lui da Febo
     Profetic’arte, ond’ei mal cauto abuso
     Fe’, svelando a’ mortali anco la sacra
     245Mente di Giove. Irato il dio vecchiezza
     Diuturna gli diè, ma in un la cara
     Luce degli occhi a lui togliea, nè alcuno
     Concedeagli gustar di tanti cibi,
     Di che i vicini che il venìan chiedendo
     250Di vaticinii, gli fornian la casa;
     Chè dalle nubi repentinamente
     Giù piombando le Arpie, di man, di bocca
     Gli rapian sempre con gli adunchi artigli
     Ciò che a cibar prendea, talor la mensa
     255Disertando di tutto, e talor qualche
     Lasciandovi reliquia a fin che vivo
     Pur d’inedia languisse; e un odor tetro
     Vi spargean sopra, che nessun potea,
     Non che al labbro appressar quelle vivande,
     260Pur da lunge patirlo: un cotal puzzo
     Si diffondea da que’ lasciati avanzi.
     Or le voci egli udendo e il calpestìo
     Delle genti, avvisò giunti esser quelli,
     Dal cui venirne era da Giove a lui
     265Promesso che securo alfin potrebbe
     Fruir sue dapi. Si rizzò dal letto,
     Come spettro di sogno, e su’ piè grinzi
     Col baston sostenendosi, e tastando