Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/234

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208 argonautica.

     355Le rifornì, parte fiorenti ancora,
     Parte non più; però che d’indi in poi
     Lungo numero d’anni accumulossi.
     Ea sta in fior tutta volta, e i discendenti
     Vi stan di quei che vi ponea quel Grande
     360Ad abitarla. Le memorie antiche
     Serban essi de’ padri e tutte in quelle
     Della terra e del mar le vie descritte
     Sono, e i confini, ad istruir chi prende
     A far viaggio. Ivi segnato è pure,
     365Corno sovran dell’Oceàno, un fiume
     Largo, profondo, e d’oneraria nave
     Portante il peso. Istro è nomato, e lunge
     È l’origine sua, chè le sue fonti
     Di là dall’Aquilon sgorgando mormorano
     370D’insù l’alpi Rifée: lunga contrada
     Fende in un alveo sol, ma ne’ confini
     De’ Traci entrando, e degli Sciti, in due
     Si parte, e quindi in questo mare Eusino
     Getta l’acque con l’un, con l’altro ramo
     375Rivolto altrove, nel profondo golfo
     Entra che sovra al mar Trinacrio ondeggia,
     A quel che giace della terra vostra1
     Lungo le prode, s’egli è ver che fuori
     Di vostra terra l’Achelóo prorompe.
380Tanto diss’egli, e lor la diva un fausto
     Diè segnal portentoso, alla cui vista

  1. Var. ai v. 376-377. Entra, che pende su ’l Trinacrio mare,

    Su quel che giace della terra vostra