Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/281

Da Wikisource.

libro iv. 255

     Gli operosi lavori; o se de’ numi
     Sudino sangue i simulacri, e paja
     Udir ne’ templi rimbombar muggiti;
     O il Sol dal cielo a mezzo il dì la notte
     1700Su ’l mondo adduca, e scintillar le stelle
     Si veggano nell’alto; in pari imago
     Que’ prenci allor su ’l lungo lido erravano
     Mesti, scorati. Il tenebroso vespro
     Sopravvenne, e con atto doloroso
     1705L’uno dell’altro stringendo la mano,
     Si disser vale; e ricercando il dove
     Da solo a solo in su l’arena steso
     Strugga l’animo suo, qua, là ciascuno
     Andò a prender suo loco, e tutti il capo
     1710Ne’ pallii avvolto, impransi ancor, digiuni
     Giacquer tutta la notte e molto giorno,
     Presso a morir di miseranda morte;
     E in disparte le ancelle accolte intorno
     Alla figlia d’Eeta un lamentoso
     1715Mettean compianto; e qual da cava rupe
     Non ancor volatii caduti a terra
     Augelletti di nido, un pipilìo
     Fan di querule voci; o come al margo
     Dell’ameno Pattólo il flebil canto
     1720Muovono i cigni, e il rugiadoso prato
     Ne risona all’intorno, e il vago fiume;
     Quelle donne così sparse di polve
     Le bionde chiome, un doloroso lagno
     Facean tutta la notte. E oscuramente