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Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/48

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22 argonautica.

     Maldicenza stia lungi. In sè fra tanto
     575Giason dubitabondo iva ogni cosa
     Agitando in pensier, simile ad uomo
     In gran cura sommerso. Ida lo scòrse,
     E così ne ’l riprese, alto parlando:
Figlio d’Eson, che mai rivolgi in mente?
     580Parla qui a tutti il tuo pensier. Ti stringe
     Sopraggiunto timor, qual turbar suole
     Anime imbelli? Io per la mia ti giuro
     Asta possente, onde su gli altri in guerra
     Gloria colgo (nè tanto è per me Giove
     585Quanto quest’asta mia), per lei ti giuro
     Che nè sventura t’avverrà funesta,
     Nè cimento fallito andrà d’effetto,
     Mentre ch’Ida ti siegue, anco se contro
     Ne stésse un dio: tale hai d’Arene ajuto.1
590Disse; e aggrappando con ambe le mani
     Nappo ripien di pretto vin giocondo,
     Lo ingorgia, e dentro vi sguazza le labbra
     E le guancie barbute. Alzossi un fremito
     Di sdegno in tutti, e franco Idmón gli disse:
595Stolto! per altri e pria per te mal pensi.
     Forse il pretto licor l’animo audace
     Sì ti rigonfia, e ad insultar ti spinge
     Anco gli dei? Ben v’ha parole ad uopo
     Confortatrici, onde il compagno ispiri
     600Nel compagno fidanza; e tu frastagli

  1. Var. ai v. 588-589. Mentre ch’Ida è con te, ne stésse contro

    Anco un iddio.