Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/50

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24 argonautica.

     630L’oceanína Eurinome l’impero
     Tennero insieme del nevoso Olimpo,
     Ma poi quegli a Saturno, e questa a Rea
     Cesser da forza astretti, e giù nell’onde
     Precipitâr dell’Oceàno; e quelli
     635Sui beati regnâr divi Titani
     Infin che Giove ancor fanciullo, ancora
     Immaturo di senno, avea ricovro
     Nello speco Dittéo, nè lui puranco
     Fatto forte i terrigeni Ciclopi
     640Della folgore avean, del tuon, del lampo;
     Doni che somma arrecan gloria al nume.
Qui della lira il suon cessò col suono
     Di sua voce divina; e tutti ancora
     Sporgean le teste, e ancor tendean gli orecchi,
     645Non sazii d’ascoltar, sì di quel canto
     Tutti molcea la melodia soave.
     Poi, riscossi, a libar, siccome è rito,
     Diêrsi, e de’ buoi le rosolate lingue
     Aspersero di vino: alfin del sonno
     650Ricordar la notturna ombra li fece.1
Ma tosto poi che la raggiante Aurora
     Co’ lucid’occhi l’eminenti cime
     Guardò del Pelio, e dalla brezza il mare
     Sommosso diguazzava il queto margo,
     655Surse Tifi, e i compagni incontanente
     A montar su ’l naviglio, ad alligarne

  1. Var. ai v. 649-650. Aspersero di vino: indi li fece

    L’aere oscurato ricordar del sonno.