Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/88

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62 argonautica.

     Fûr di Pelia l’esequie, Ercole uccisi1
     Gli ha nell’isola Teno, e posti in tomba,
     E su i tumuli lor due cippi eresse,
     1670Di cui l’uno (a veder gran meraviglia)
     Dondola ai soffi d’aquilon sonori.
     Tanto avvenir dovea col tempo. Or Glauco
     Su dall’onde frementi a’ Minii apparve,
     Del divino Nerèo saggio profeta.
     1675Alto levò l’ispido capo e il petto
     Su fino a’ fianchi; e, con possente mano
     Abbrancata la chiglia, a lor sì disse:
Perchè contra il voler del sommo Giove
     Sì a cuor vi sta di pur condurre Alcide
     1680D’Eeta alla città? Fato è che in Argo
     Egli al tristo Euristéo compia le tutte
     Dodici imposte ardue fatiche, e quando
     Poi le poche restanti avrà compiute,
     Salga co’ numi ad abitar. Di lui
     1685Non più dunque la brama in voi s’alletti;
     E Polifemo, egli è destin che presso
     Alle foci del Cío fondi un’illustre
     Cittade a’ Misii, e chiuda poi nel vasto
     Suol de’ Cailibi i giorni. Ila, che i due
     1690Fûr lasciati cercando, innamorata
     Una Ninfa divina il fe’ suo sposo.
Detto così, giù in mar tuffossi, e l’onda
     Vorticosa aggirandoglisi intorno
     Porporeggiante spumeggiò, la cava

  1. Var. al v. 1667. Fûr di Pelia l’esequie, e quegli uccisi