Pagina:Arabella.djvu/206

Da Wikisource.

— 200 —

e per il lavoro artistico poteva valere un prezzo, come si dice, di capriccio, essa poteva liberarsene senza correre il pericolo di dar via roba non sua: e poichè l’accusavano d’ingratitudine e di cattivo cuore voleva dimostrare a’ suoi che dava quanto aveva di più caro e di più geloso.

Aprì il cassetto dove teneva le sue robe più fine, e tra i pizzi e le garze cercò il vecchio astuccio verde dagli orli consumati; ma non ve lo trovò più.

Turbata da quel senso di penosa meraviglia che ci assale in questi casi, quando non si osa sospettare della gente che ne sta intorno e non ci si rassegna a credere agli occhi propri, rimandò le sue ricerche a più tardi, raccolse invece due o tre anelli d’oro in uno scatolino, anche questi memorie del passato, vi aggiunse la medaglia d’argento degli esami, e consegnò tutto a Naldo, con un biglietto per la mamma.

— Credo che questi oggetti basteranno per ora a impedire un sequestro — disse al Pirello. — Domani manderò altre cose, se sarà necessario...

E quando furono partiti, tornò col batticuore a cercare il suo vecchio astuccio verde; aprì tutti i cassetti, buttò in aria ogni cosa.

L’Augusta, una buona ragazzona friulana, che nei pochi mesi del suo servizio aveva imparato a voler bene alla padrona, la sorprese nel momento che, affaticata, cogli occhi riarsi dalle lagrime non asciugate, tentava inutilmente di rimettere i cassetti a posto.

Arabella non potè nascondere il motivo delle sue lagrime.

Oltre il bene che la padroncina sapeva acquistarsi