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già ad altri di far sentire anche la mia voce in questa dolorosa faccenda.

— La zia Colomba mi ha dato questo libretto di risparmio e mi ha raccomandato di consegnarlo a lei.

— Non c’è bisogno di denaro... anzi ce n’è anche troppo. Metta via il suo libretto e lo riporti alla sua buona zia. Io cercherò di parlare domani mattina per tempo a mio suocero, e sarà la volta che ci parleremo chiaro.

— Se lei non ci salva, io non so quel che farò nella mia disperazione... Sento che è meglio morire...

Arabella, sentendo parlar di morire, essa che era stata a un filo dalla morte, s’immedesimò nella tristezza del giovine, e dimenticò per un istante, quasi affascinata dalla sua stessa malinconia, le circostanze che lo avevano condotto a implorare il suo soccorso. Vide che Ferruccio, lottando con sè stesso per non piangere, divorava le sue lagrime, e celava gli occhi per paura di incontrarne altri due che l’avrebbero avvilito. Avevan fatta la prima comunione insieme e per il ragazzetto essa era stata una specie di maestra, o di sorella maggiore.

— Capisco il suo dolore e il suo spavento, povero Ferruccio, e la ringrazio di essere venuto a parlarmene. Ciò mi persuaderà a uscire da un’inerzia morale della quale già mi sentivo colpevole. Siamo impigliati un po’ tutti in quest’intrighi, e lei vede che io ne ho sofferto per la prima.

Ferruccio rivedeva la signora per la prima volta dopo il triste accidente, e, alzando gli occhi per commiserarla, gli parve di rivedere una bellezza più

E. De Marchi - Arabella. 14