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gli pesava addosso da qualche giorno, per quanto egli si sforzasse di non pensarci e di dissiparsi in cento faccende. Egli aveva bisogno di essere perdonato... Era partito bruscamente senza rivederla, dopo averla maltrattata, insultata. Aveva ruvidamente respinta la sua preghiera, per non ascoltare che le voci del suo risentimento e della sua vendetta.

Per quanto la passione o quel misto di puntiglio, di rabbia e di paura, ch’egli chiamava un diritto di legittima difesa parlasse ancor forte in lui, tuttavia sentiva, non senza sgomento, l’animo avviluppato da un sentimento che un altro uomo avrebbe riconosciuto ed accettato come un rimorso, ma che nella sua quasi ignoranza del bene e del male ostinavasi a tener indietro come un primo sintomo di debolezza e di senilità.

«Che bisogno aveva egli d’esser perdonato da una monachina? quali soddisfazioni le doveva? tra loro due chi più in debito di gratitudine? Bastava che egli la mettesse al sicuro d’ogni altro oltraggio, questo sì: e a tal fine non aveva risparmiato passi e denari. Ma in quanto al resto non è stabilito che le donne non c’entrano negli affari degli uomini? Esse hanno la loro casa, la loro musica, le loro calze, i loro figliuoli; gli uomini hanno la banca, l’industria, il commercio, la politica, la guerra, le botte... Anche le botte, sì: la vita è una battaglia e vince chi pesta di più. Son come due amministrazioni con due libri mastri diversi che non hanno nulla a che fare l’un coll’altro; e di questo avrebbe dovuto capacitarsi quella benedetta ragazza.»

E mentre un pensiero sofistico andava persuadendolo di queste verità così vecchie, un sentimento non

E. De Marchi - Arabella. 18