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che in mezzo ai dolori trionfava un sentimento più forte di tutti e due.

La stradicciola per la quale scendevano era perfettamente deserta, affondata, perduta tra due cigli alti, nella grande solitudine dei campi, e permetteva ai due infelici di parlar forte, di gridare e di piangere senza soggezione, sulla loro disgrazia.

Andavano a piccoli passi, soffermandosi spesso, incerti dove menasse la strada, occupati dal doloroso caso.

— Io credo che, se parliamo a qualche persona autorevole, possiamo evitare questa disgrazia. Sto pensando a chi potrei rivolgermi. Andiamo a Milano. Intanto il dottore potrà testimoniare che tu eri esaltato, che ti sentivi male. Anche tu sei stato ferito. Ecco, ci hai ancora il segno... — così dicendo, rimosse un poco i capelli del giovine. — Offriremo un bel compenso alle guardie. Denaro non manca. La zia Colomba potrà condurmi da questo signor delegato. Dimostrerò da chi è derivata la cosa, e che non è giusto che si seguiti a soffrir tutti per colpa di un morto. Parleremo anche all’avvocato; faremo scrivere, se occorre, da monsignor arcivescovo; e se ciò non basterà ancora, ti darò i mezzi di andar via, Ferruccio; ma tu non ti lascerai mettere le mani addosso, non è vero?

— No, no...

— Non lo voglio...

— O cara signora, se lei mi salva da questa vergogna...

— Sì, sì, vedrai che ti salveremo. Ora, fatti coraggio; caccia i pensieri cattivi. Credi che fai dispiacere a me a pensar certe cose.