Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 1, 1873.djvu/29

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PROEMIO. XXI

zione o il più grave degli stenti. Nessuno vorrebbe di certo che un ministro dicesse in parlamento: l' Inghilterra arriccia il naso’; oppure: 'noi in queste cose di Turchia non ci si ficca il naso’; come ognun sente che fra due scienziati è modo più naturale, anche nel discorso casalingo: ’vi si determina un piccolo vano’, che non: f ci si viene a formare un bucolino’. Nel primo caso, è la solennità della conversazione che esige forme più elette; nel secondo, il modo più eletto deriva, quando pur non sia necessariamente richiesto, dall’abito di una «mente, il cui lavoro è più • complesso, e insieme più facile e sicuro, che» non sia di solito il lavoro mentale di chi si esprime nel modo più pedestre; questo è d’aritmetica elementare, quello incomincia ad essere algebrico; e se v’è chi sappia fare il prodigio di riprodurre gran parte delle operazioni dell’algebra con la pura aritmetica, nessuno perciò vorrà sostenere che il prodigio sia una cosa naturale, o che una nazione si abbia a muovere a furia di miracoli. Ora imaginiamo, e v’ha ormai pur troppo, un’intiera società, anzi un’intiera nazione, nel cui eloquio il determinarsi un piccolo vano sia modo più naturale o consentaneo che non sia il venircisi a formare un bucolino, e noi vediamo facilmente, che la ragione di questa spontaneità, e la ragione della solennità legittima, si confondono in una ragion sola per escludere molta parte di intimità casalinga, o municipale, dalla lingua con la quale parlano dinanzi al mondo le diverse stirpi di una medesima nazione. Qual mente si può pensare più aliena da ogni affettazione di quello che fosse la mente di Guglielmo di Humboldt? Ebbene, proviamo a tradurre in istile casalingo, o florido d’idiotismi e di proverbj, una qualsivoglia delle sue scritture, o letterarie, o critiche, o filosofiche; oppure proviamoci a stabilire, dopo aver considerato V opera sua e de’ pari suoi, dove finisca il linguaggio delle lettere e dove incominci quello della scienza. 0 v’è cui possa parere più calzante il confronto di Platone fra un pugno di liberi Ateniesi, che non sia quello di Humboldt fra i milioni di Tedeschi, quando il problema verte sul modo in cui si possa estrinsecare, con uniforme parola, il pensiero di una nazione moderna, multistirpe e centri^