paura); è vicenda ideologica non gran fatto strana; è una evoluzione
dell’uso che ha la sua chiara storia; ma di queste due fasi
storiche del valore di punto, la prima era compita quando la favella
dei toscani o dei fiorentini si riversò in quella serie di scritture
che accomunò al pensiero di tutti gl' Italiani un medesimo tipo
dialettale, e la seconda, all’incontro, non lo era, o non appare che
fosse (l’essere e il parere fanno, in questo caso, lo stesso), e oggi,
nell’età della riflessione, nessuna ragione ideologica, nessuna necessità
tecnica, nessun consenso generale di popolo, viene a raccomandare
al pensatore, o ad imporre ai letterati, la punta vista o i punti
scrupoli; e questa naturalezza fiorentina, sarebbe perciò un’affettazione
italiana. Voi insegnate, continuerebbe quel barbassoro, che
si abbia a scrivere dette anziché diede; ma diede per 'dedit’è voce
schiettamente popolare e italiana e toscana, quanto è piede per
'pede-’; il dittongo vi assicura, se ne fosse d’uopo, che essa è uno
dei fiori più spontanei e delicati della vostra terra; quanti italiani
mettessero in iscritto il loro pensiero, da Susa a Trieste e da
Trento a Palermo, non hanno mai usato, da più secoli, altro che
diede; e questa forma, squisitamente isterica, e invidiabilmente
pratica, perchè si dovrà affettatamente sacrificare alla postuma
prediletta di un vernacolo? Qualsiasi aberrazione dialettale (parla
sempre il barbassoro) può bensì incogliere una lingua letteraria,
per cause che inavvertitamente o indispensabilmente si subiscono;
ma se voi oggi insegnate agli italiani, che il modo: io e te quando
ci si lamenta merita e deve soppiantare quest’altro: quando io e
tu ci lamentiamo, voi date pien diritto ai vostri avversarj di rispondervi,
che da pedante a pedante, meglio è la grammatica che lo
sgrammaticare. Quando v’imaginate d’imporre il fiorentino doventa
agli Italiani che scrivono diventa, questi dovrebbero sapervi rispondere,
mercè le fatiche nostre, che se il fenomeno sporadico di o
dall’e àtona latina, per effetto della labiale che sussegue, era compito
e fermo nel fiorentino dovére (debere) in quell’età di cui prima
si è toccato, e ritornava per questo stesso verbo in un numero infinito
di altri vernacoli italiani, alcuno dei quali lo tollera eziandio
nelle voci del verbo medesimo che hanno l’accento sulla prima;