Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. II, 1876.djvu/404

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394 Ascoli,

d’esser meglio informato; e le migliori informazioni io le accetterò, con molta gratitudine, da chicchessia, e con moltissima se mi vengano da valentuomini pari al signor Mejer; i quali però non è forse inutile che si ricordino, come io, in sino ad oggi, sia stato costretto, per comune sventura, a giovarmi delle sole forze mie.

Vorrei ora esser dispensato dal riassumere la mia anticritica; e vedrò almeno di farlo con la maggior brevità che la chiarezza consenta. Il signor Meyer non tocca, dunque, non avverte, non corregge, non aggiunge alcun singolo fatto. Dedica la massima parte del non lungo articolo a obiezioni teoriche, le quali son dovute parermi originate da una sintesi temeraria, tal cioè che punto non somigli a quelle sintesi sobrie che devono precedere e accompagnare ogni analisi razionale, e ne sogliono riuscire assai robustamente dilatate. S’aggiunge un’obiezione d’ordine geografico, che è la mera negazione di una verità patentissima; e finalmente s’aggiungono alcune obiezioni d’ordine più propriamente dialettologico, le quali non hanno ragion d’essere se non quando si supponga che io abbia detto o mostrato cose del tutto contrarie a quelle che in effetto, e in manifestissima guisa, io dissi mostrai.

Nel suo complesso, è una critica d’ordine estrinseco; e circa l’intrinseco del mio lavoro, non lascia mai di esprimersi con l’usata cortesia. Onde viene, se io non erro, doppia legittimazione a questa diffusa mia risposta; la quale, del resto, non vuole implicare alcuna conseguenza men che rispettosa, e si rifugia, con vera e cordial sincerità, nel quandoque dormitat Homerus. Pure, non è forse affatto superfluo il notare, come la povera scoverta del ’franco-provenzale’ sia andata incontro anch’essa a quella bizzarra varietà di sentenze, cui sogliono andare incontro e le scoverte minute e le grandi. La Francia meridionale me ne rimeritò con una medaglia d’oro; e dalla Francia del Nord me ne viene un giudizio, che si ritorce un po’ convulsamente in sè medesimo, arrivando a determinarsi nella curiosa proposizione negativa: ’che debba sin parere non gran fatto utile che la tesi si dimostri1.’ Il Boehmer, alla sua

  1. P. Meyer nella seconda delle citate relazioni alla Società filologica di Londra.