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La «universitas bobacteriorum Urbis» 139

lavoratori della terra non esisterono mai, venendo essi da lontane regioni ogni anno pei lavori opportuni. Cosi pure il Gatti1 li disse mercanti di campagna; secondo il Coppi eran così chiamati2, sul principio del secolo xv (sic) i più notabili degli agricoltori; pel Vendettini3 equivalgono agli aratori od agricoltori, aggiungendo che altrove significano anche gli esattori del tributo, che si pagava per ogni pezza di terra arata con buoi. Il Papencordt4 traduce bobacterii con bifolchi, aratori, ed il Reumont5 con Landwirthe (economi rurali), mentre pel Gregorovius6 non sono che agricoltori.

Ma noi dobbiamo non tanto ricercare il significato proprio della parola bobacterius quanto precisare quali classi di persone fossero comprese nella corporazione che dai bovattieri prendeva il nome, e quale fosse il campo su cui si estendeva l’esercizio dell’Arte loro. In quanto a questo è chiaro che tale Arte non si limitava al solo bestiame sia da lavoro sia da pascolo e relativo commercio, ma abbracciava tutta intera l’agricoltura. Lo attesta in modo non equivoco la prefazione degli statuti del 1407:

. . . premissa debita meditatione pensantes ac mature considerantes quod si cuique convenit debitum modum dare quod homines sub iuris et equitatis regulis gubernentur, ac per omnia sine alterius iniuria vivant, tanto presidentibus in Arte ipsa convenientius est modum huiusmodi adhibere, quanto Ars ipsa agriculturam continet7.

Il capitolo XX degli statuti stessi, determinando chi debba appartenere all’Arte ed essere soggetto alla giurisdizione di essa, distingue chiaramente due principali classi:


  1. Stat. dei merc. p. xxiii, nota.
  2. Discorso sull’agric. pp. 30.
  3. Del Sen. rom. p. 281-2.
  4. Cola di Rienzi &c. traduit par L. Boré, 1845.
  5. Gesch. d. St. Rom. III, par. I, pp. 36-7.
  6. Storia di Roma, V, 354.
  7. Prefaz. agli statuti, dal cod. Ottob. 1821.