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160 G. Ricci

Gli Statuta Urbis contengono parecchi paragrafi che si riferiscono ai giuochi di Agone e di Testaccio, i prediletti del popolo romano nei tempi di mezzo. Osserva il Muratori1 che i giuochi nel medio evo consistevano per lo più in esercitazioni di battaglie, e ne trova la conferma negli stessi nomi dei luoghi, dove questi giuochi tenevansi. Se questo fu nell’alto medioevo, certo scomparve nel tempo di poi, quando ai tornei cavallereschi si sostituirono le corse coi giumenti2 e colle carrozze contenenti giovenchi e porci. Nondimeno restò ancora qualche esercizio guerresco: così ad Agone e Testaccio aprivano il trattenimento dei lusores reconestraiati che doveano hastiludere. Ed il popolo vi accorreva in gran folla ed eran severissime le leggi per chi avesse disturbato il giuoco, o avesse ricusato di ludere. Un Cintio dei Tebaldini per aver nel 1269 o 70 cagionato impedimento ad uno dei cavalli, che correvano al pallio, nei giuochi di Testaccio, fu condannato dalla Camera capitolina a pagar cento lire provisine3. Chi fosse stato scelto pei divertimenti e non avesse poi giuocato, non poteva più sostenere, per cinque anni, alcuna carica in Roma; e tutti doveano giuocare, fino all’età di quarant’anni4. Curiosissima è l’imposizione fatta dai Romani nel 1300 a Toscanella; giacchè oltre il censo di una data quantità di grano, la obbligarono a mandare ogni anno «octo ludentes romanis ludis»5. Per siffatte feste era destinata una somma di 1130 fiorini, che doveano sborsare gli ebrei, e che dovea essere raccolta dai consoli dei bovattieri e dei mercanti6. Questa somma non l’ho trovata indicata negli statuti

  1. Antiq. Ital. medii aevi, diss. 29.
  2. Stat. Urbis, lib. III, cap. 79, ediz. Re.
  3. Vitale, Stor. diplom. cit. p. 16).
  4. Stat. Urbis, lib. II, cap. 48.
  5. Vitale, Stor. diplom. cit. I, 206.
  6. Stat. Urbis, lib. III, cap. 75.