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Documenti circa la politica di Leone X 213

gnore per il debito del pastorale offìtio suo, trovandosi in possessione de le decte città di Parma et Piacenza et non sanza iusto titulo, et per procurare la pace universale tanto desiderata da ogni fedel christiano, et per non rinchiudere la Chiesa la patria et il resto d’Italia fra due Stati si potenti come è il regno di Napoli et la ducea di Milano in mano d’un principe solo, per l’ordinario potentissimo giovane et ambitioso, essendo cosa naturale che lo apetito de lo ampliare la potentia cresca quanto più cresce el dominio. Quella Maestà respose al primo articulo, che era contenta Parma et Piacenza restassino in mano di Nostro Signore, tanto che dessi ricompensa ragionevole, et questo diceva in modo che voleva esseme iudice et potere a sua possa ripiglarle. Al secondo che farebbe la pace purché le condictioni fussino ragionevoli et con honore de la corona; et noi| volea significare altro se non poter far guerra a sua possa. Al terzo che non farebbe per hora la impresa del regno, ma non si obligava di non la fare un’altra volta quando li fussi tornato bene. Et in somma non si volle ristringere a cosa, alcuna ferma et certa, anzi tucto con parole captiose et piene di gavillationi; et benché Nostro Signore usassi termini amorevolissimi con li agenti sui qui per cavarne qualche constructo, non si potè mai annodare nulla di bono. Anzi stavan forti in non volere mutare o alterare una parola; per il che monsignore de la Chisa et monsignore di Momor, che tractavono questa pratica, chieson licentia, et Sua Santità humanamente la decte loro honorandoli et gratificandoli, benché qui ne resti un altro che spesso viene a piedi di Sua Santità. Per le quali cose, considerando el papa la natura et progressi di .questo re, et come e fuggiva quello che con ogni instantia doveà ricercare, et maxime in un tempo che la impresa sua si tenea più pericolosa che facile, et esaminando se alhora che havea bisogno di Sua Santità ne facea si poco conto, et volea darli le legge a suo modo, quello che farla da poi che fussi passato in Italia et vincta la impresa, per la salute comune si uni et ristrinse con questi altri che ci haveano interesse proprio. Et non niegha che harebbe facto et farebbe, potendo, ogni cosa per salvare la libertà de la Chiesa e di Italia, et per farlo riconoscere de lo errore suo, et se non fussi stato in su questa speranza nutrita però da la ragione, che il re dovessi conoscere el bisogno suo, et volessi Sua Santità per patre, le provisioni de la lega sarieno tanto avanti et tanto gaglarde che le cose franzese non sarieno dove le sono, le quali ad ogni modo, stando fermi Svizeri, haranno difficultà grandissime. Et Nostro Signore è disposto in ogni evento per salvare le cose de la Chiesa et di Firenze, mettere in sino a la propria vita, perché a l’una lo adstringe el debito et a l’altra lo